Caro Professore,
nemmeno io sono un esponente della Lega e neppure uno studioso di storia della politica, a differenza di te. Mi limito a osservare la realtà e a interpretarla, e talvolta ci azzecco. La tua analisi sulle ragioni fondanti del movimento nordista è perfetta. Anche se volessi cercare il pelo nell’uovo, non lo troverei. Tra l’altro, negli anni Ottanta, sono stato fra i primi in Italia ad accorgermi del fenomeno Umberto Bossi e a non sottovalutarlo. Il successo del mio Indipendente, all’epoca, non fu casuale. Lo ricordo non solo per darmi delle arie, ma per dimostrare che la materia non mi è estranea.
Il pezzo da me firmato lunedì sul rischio che il Carroccio perda una ruota o due non è una profezia di sventura, bensì un invito a riflettere: la Lega è ancora in grado di soddisfare il proprio elettorato? Siamo sicuri che non l’abbia deluso? Non è forse vero che all’interno di essa si sono create troppe anime, nessuna delle quali rispettosa dello spirito padano originario? Sono d’accordo: esiste un problema settentrionale, ma le camicie verdi, i loro dirigenti, non sono stati capaci di risolverlo. Ci hanno provato, questo sì. Peccato che siano riuscite solo a far approvare uno straccetto di federalismo, per nulla somigliante al modello ispiratore, quello svizzero.
Nel popolo leghista serpeggia la frustrazione. Resiste la speranza, ma è sempre più tenue. Qualcuno comincia a dubitare della tenuta e della lucidità di Bossi, il cui tentativo di introdurre nel partito il diritto dinastico alla successione ( la vicenda Trota) ha provocato imbarazzo o addirittura disgusto. Ora poi c’è puzzo di mazzette in Regione Lombardia. Cresce un certo nervosismo. L’alleanza con Silvio Berlusconi è stata utile per portare uomini di Alberto da Giussano al governo, e alcuni di essi si sono rivelati all’altezza: Roberto Maroni, per citarne uno. Tuttavia, sul piano concreto, la loro lunga permanenza a Roma non ha fornito risultati apprezzabili per l’economia del Nord.
Ripeto: il federalismo è lettera morta.È rispuntata l’idea della secessione, molto suggestiva, ma irrealizzabile a breve e medio termine. Qualora si svolgesse un referendum, chi avrebbe facoltà di votare? Si tenga conto che dalle nostre parti abbondano i meridionali, o figli di meridionali, e i simpatizzanti della sinistra, cioè gente contraria alla nascita della Padania libera. Nelle urne non è detto che i «sì» prevarrebbero sui «no». Una rivoluzione armata? Improbabile.
Cosa rimane della Lega se non gruppi contrapposti e litigiosi che si contendono la guida del movimento? Un partito fiaccato dall’insuccesso, lo stesso insuccesso che accomuna tutti i partiti, il cui gradimento popolare è scaduto - sondaggi alla mano - a percentuali omeopatiche. L’unico leghista ad avere capito l’antifona è Flavio Tosi, sindaco uscente - e potenzialmente rientrante di Verona. Il quale ha preparato una lista personale, staccata dal Carroccio e dal Pdl, allo scopo di segnalare agli elettori di non essere a rimorchio di alcuna forza politica. Il solo sospetto che un candidato sindaco possa avere agganci con i vituperati partiti sarebbe garanzia di fallimento. In altri termini: se i partiti hanno nauseato i cittadini, la Lega, che è la forza più vecchia del Parlamento, non può fare eccezione. Tosi lo ha fiutato perché è lungimirante.
Ricapitolando. Il pericolo che Bossi & soci, non comprendendo la crisi del sistema partitico, seguitino a calcare le orme dei dinosauri, anziché rinnovarsi, c’è, eccome se c’è. Forse non si tratterebbe di suicidio, ma di rapida estinzione.
Ciò non significherebbe svaporamento delle istanze nordiste, queste sì immortali. Ma la fine della sola organizzazione all’altezza di sollecitarne l’accoglimento.Nell’eventualità gli elettori leghisti continuerebbero a essere numerosi, ma sarebbero orfani. Vale la pena di cambiare registro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.