Probabilmente non spegnerà le candeline, ma Elly Schlein festeggia oggi il primo mese da quando ha vinto a sorpresa le primarie del Partito Democratico. Quattro settimane fa l'ex parlamentare europea ribaltò tutti i pronostici (nonché il voto degli iscritti) e mise in un angolo uno Stefano Bonaccini forse fin troppo convinto di avere già il successo in tasca, con quella etichetta che gli si era appiccicata addosso come "successore naturale di Enrico Letta al Nazareno". Da quel trionfo nei gazebo del 26 febbraio la Schlein ha sfruttato qualsiasi occasione mediatica per mettere in mostra il proprio ruolo di "anti-Meloni" e, almeno agli occhi del proprio elettorato di riferimento, ci è anche riuscita. Peccato che, per arrivare a questo obiettivo, abbia già sparato le cartucce che aveva a disposizione. Inoltre non sono mancate gaffe, uscite a vuoto e sterili provocazioni politiche.
Nemmeno il tempo di esultare all'interno del proprio comitato che Elly Schlein si mise subito ad attaccare il governo sulla strage di Cutro, avvenuta proprio nella giornata che sancì la sua ascesa al trono del Pd nazionale. Nel giro di poche ore la segretaria dem chiese le dimissioni del ministro Piantedosi e si precipitò nella cittadina calabrese a favore di telecamere per rendere più evidente la strumentalizzazione della tragedia. Un'altra passerella elettorale è andata in scena recentemente a Bruxelles, proprio nei giorni in cui la premier era nella capitale belga al Consiglio Ue. Giorgia Meloni diventa così un'autentica ossessione e qualsiasi occasione internazionale diventa buona per screditare la reputazione del nostro Paese.
Le priorità della Schlein
Militanti, leader nazionali e influencer vari hanno poi goduto quando la Schlein si è scagliata alla Camera contro la leader di Fratelli d'Italia sul tema del salario minimo. Gli stessi sostenitori che in anni passati erano stati pesantemente insultati su Twitter da Elly: Franceschini, Letta, Boccia, ma anche Travaglio e Fazio sono stati oggetto di opinioni non esattamente elogiative, corredate anche dal turpiloquio. Ora tutti sul suo carro, dal quale però – non troppo tardi – qualcuno potrebbe già scendere. Del resto, quello che doveva combinare a parole la deputata lo ha già fatto. Ha infatti rovistato a piene mani nel contenitore di tutte le "storiche" battaglie di estrema sinistra: patrimoniale, ius soli, matrimoni gay, utero in affitto.
Ha ripescato gli esponenti bersaniani di Articolo 1 (alla faccia del tanto sbandierato rinnovamento), imbarcandosi pure le Sardine. Non solo: ma anche elogiato gli ecovandali che avevano appena imbrattato Palazzo Vecchio di Firenze, ha auspicato la legalizzazione della cannabis (ignorando completamente i danni cerebrali che provoca) e proprio in questi giorni sta tentando una maldestra retromarcia sul tema dell'invio delle armi all'Ucraina. Un modo per rubare i voti a Conte, al suo fianco a Firenze in occasione della fantomatica manifestazione antifascista e a Rimini per il congresso della Cgil. Giuseppi però non ci sta e ora è seriamente pronto a darle battaglia nel testa a testa Pd-Movimento 5 Stelle.
Gli avversari interni
Ma l'ex presidente del Consiglio rischia di non essere l'unico avversario della Schlein (e nemmeno quello più pugnace). Perché la minoranza interna del Partito Democratico non ha atteso nemmeno che lei s'insediasse per inscenare i mal di pancia sulla questione dei nuovi capigruppo. L'area Bonaccini ha accolto con irritazione la sola ipotesi di un pacchetto chiuso che prevedesse la scelta di due figure di maggioranza: Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera. Entrambi franceschiniani.
Uno schema che non può soddisfare i bonaccinani che, probabilmente ancora scottati dal ko inaspettato di fine febbraio, adesso vogliono tenere il punto sull’ottenimento di almeno un presidente del gruppo parlamentare come conferma del mantra della condivisione: una linea che rischia di andare in frantumi proprio nel giorno del primo mesiversario a marchio Schlein.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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