Si ricomincia daccapo. Sette anni non sono bastati per fare chiarezza. La morte di Chiara Poggi è ancora un rebus. Semmai, i sette anni hanno prodotto solo una gran confusione di prove, mozziconi di prove, indizi assemblati malamente. Così la corte d'assise d'appello di Milano gioca la carta delle nuove perizie per uscire dallo stallo e riapre il processo contro Alberto Stasi, il quarto di una serie senza fine. Saranno i professori, i cervelli chiamati a consulto dai giudici smarriti dentro un labirinto, a valutare o a rivalutare alcuni elementi decisivi. Ci saranno esami lunghi e complessi, analisi e quant'altro nel tentativo di sbrogliare una matassa sempre più ingarbugliata. Funzionerà? Lo sforzo della corte, che deve rimediare ai gravi errori commessi in precedenza, in particolare nella prima fase dell'indagine, è lodevole ma è tutto da vedere che si possano ritrovare i colori originali di una tela pasticciata da una quantità di consulenti, investigatori, magistrati.
Dunque sono tre i capitoli che si cercherà di riscrivere. Anzitutto, si ripeterà la famosa camminata di Alberto Stasi, imputato unico di questa storia, sulla scena del delitto. E si cercherà di rifarla in modo completo e corretto, a differenza della prova svolta nel passato. La corte in proposito usa un linguaggio altisonante e parla di «estensione della sperimentazione virtuale a tutto il percorso indicato da Alberto Stasi come da lui effettuato, comprensivo della discesa e risalita dei primi due gradini della scala», che invece l'altra volta furono dimenticati. Non solo: si dovrà tener conto di tutta una serie di elementi finora trascurati o considerati in modo approssimativo: «La macchiatura ematica presente sul pavimento e la postura assunta dallo stesso Stasi per l'apertura della porta e il processo di essiccamento delle macchie stesse». Insomma, detto in italiano si spera che questa volta la prova si svolga a regola d'arte, su e giù per la scala che porta alla tavernetta e ci dica una volta per tutte se Stasi ha mentito oppure no: poteva davvero calpestare quella pozza di sangue senza sporcarsi le scarpe o ha raccontato una bugia, l'ultima su quel che accadde il 13 agosto del 2007?
Secondo punto: si disporranno accertamenti genetici sul capello castano chiaro rinvenuto nella mano sinistra di Chiara e sulle sue unghie. Il capello apparteneva forse a Stasi? E' possibile che dopo sette anni si debba ancora discutere di un capello trovato nella mano della vittima? Ma questa è la situazione e così, nelle tentativo di uscire dall'impasse, si va anche alla caccia degli eventuali reperti biologici rimasti sulle unghie di Chiara, probabilmente al termine di una disperata difesa. E ancora più surreale è il terzo punto che pure è importantissimo: ritorna la ormai mitica bicicletta nera vista da due testimoni e poi persa per strada dagli investigatori. Viene sequestrata nel pomeriggio con sette anni buoni di ritardo sull'ovvio che più ovvio non si può: piccolo colpo di scena in una vicenda grottesca i carabinieri non la trovano nell'officina del padre di Stasi, come si credeva, ma in casa. La bicicletta non verrà analizzata, perchè a tutto c'è un limite, ma verrà mostrata ai due testi Bermani e Travain. In particolare, Franca Bermani ha sempre sostenuto che alle 9.10 del mattino, più o meno l'ora del delitto, c'era una bicicletta nera da donna davanti al muro di cinta della villetta dei Poggi. E' quella recuperata ieri?
Non si faranno invece i nuovi accertamenti sui computer di Alberto e Chiara chiesti dalla procura generale e nemmeno si acquisiranno le immagini satellitari di Garlasco: questa ce la risparmieranno. Il dibattimento si trasferisce in laboratorio, fra provette e test. I quattro luminari giureranno il 14 maggio, poi inizieranno a scalare la parete dei dubbi, degli interrogativi, dei quesiti irrisolti.
«Siamo sicuri e tranquilli - afferma Fabio Giarda, uno dei difensori di Stasi - da queste nuove perizie non verrà fuori nulla di nuovo». Ma per Stasi una partita quasi chiusa, con due assoluzioni in cassaforte, si riapre e la strada ora è sempre più in salita. Soddisfatti invece i genitori di Chiara: «Si tratta di un importantissimo riconoscimento di quanto la parte civile ha sempre sostenuto.
L'avevano già sfiorata i cronisti che nell'agosto di sette anni si aggiravano per le vie di Garlasco. Ora la giustizia prova a rincorrere il tempo perduto.
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