In Germania per lavorare Insultato per strada e ucciso

Amava la sua città natale, Potenza. Ma aveva cominciato ad amare anche la città che l'aveva adottato, Monaco di Baviera. In Basilicata Domenico aveva lasciato un pezzo di cuore, in Germania Domenico si era realizzato professionalmente. A unire queste due dimensioni - affetti e lavoro - c'era la fidanzata, anche lei lucana doc. A Monaco vivevano insieme da due anni. Per difendere la sua compagna Domenico oggi non c'è più. Ucciso da un ubriaco che, senza motivo, lo ha accoltellato. Domenico Lorusso, 31 anni, ingegnere informatico, stava pedalando in bici; la fidanzata, 28 anni, lo seguiva a pochi metri lungo la pista ciclabile dell' Erhardstrasse, zona tranquilla che costeggia il fiume Isar.
Erano le 22. Un uomo incrocia la coppia e sputa in faccia alla donna. Domenico si ferma, gli chiede conto di quel gesto. Un attimo dopo si ritrova con un coltello piantato nel petto. Morirà poco dopo. Assurdo, ma è andata così. A confermare l'omicidio è stato il console italiano del capoluogo bavarese, esprimendo «il cordoglio della comunità italiana per questa drammatica morte». Le solite parole di circostanza sotto cui seppellire responsabilità e sensi di colpa. Non può bastare. Per ripristinare un minimo di giustizia è necessario che l'assassino venga ammanettato al più presto. Nel giro di poche ore. Perché in questi delitti non risolvere il giallo subito, equivale spesso a non risolverlo più. Almeno così vanno le cose in Italia. Speriamo che in Germania sia diverso. Già, la «civile» Germania, la «sicura» Germania: tutto vero, in teoria; tutto falso, in pratica. Al momento la polizia bavarese «brancola nel buio». Frase da investigatori impotenti che, anche se scritta in tedesco, ha lo stesso significato in ogni lingua del mondo: non si sa se e quando il colpevole verrà acciuffato. Altra frase che non promette nulla di buono: «Non si esclude alcuna pista, compresa quella xenofoba».
Intanto a terra resta il sangue raggrumato di Domenico, una persona che incarna plasticamente la demolizione di qualsiasi luogo comune sui giovani meridionali. Lui, Domenico, la cartolina stereotipata del «mammone», «piagnone», «indolente», «disoccupato cronico» (ma che «non vuole abbandonare il paesello»), l'aveva strappata da tempo, gettando idealmente i pezzetti di carta in faccia a tutti i soloni del Nord (e del Sud) che parlano del Mezzogiorno come se le lancette dell'orologio fossero perennemente bloccate sulle ore 12. Domenico era un vincente, anzi doppiamente vincente. Aveva capito che dalle sue parti non c'era futuro. E così, come tanti altri, aveva fatto le valigie: prima la laurea Roma, poi gli stage in Inghilterra e negli Usa. Infine l'approdo a Monaco. Un cervello in fuga che i tedeschi (sempre attenti a valorizzate i talenti, propri e altrui) avevano subito accalappiato. Domenico lavorava infatti in un'importante società aeroportuale bavarese. Ma quella stessa Germania che lo aveva accolto a braccia aperte, due notti fa lo ha accoltellato a tradimento. La stampa locale descrive in maniera univoca la cronaca della tragedia: «L'aggressore ha sputato contro la ragazza e quando Domenico ha chiesto un chiarimento per il gesto oltraggioso lo ha insultato scatenando la lite finita col delitto. Fatale una coltellata al cuore. L'omicida si è poi allontanato a piedi.

La fidanzata di Lorusso lo ha soccorso chiedendo l'aiuto dei passanti e lo ha trasportato all'ospedale. Dove Domenico è morto poco dopo. Ricovetata anche la ragazza in stato di choc». La polizia, per ora, ha solo un, molto vago, identikit dell'assassino. Troppo poco. Bisogna arrestarlo. Subito.

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