Giù le mani delle toghe dal Parlamento

È ar­rivato il momento di rispon­dere a quelli che vengono ri­tenuti, nonostante l’assenza di notizie di reato, atti conseguenti l’obbligatorietà dell’azione penale

Giù le mani delle toghe dal Parlamento

Dopo la lettera al procuratore Antonio Ingroia, credo sia ar­rivato il momento di rispon­dere a quelli che vengono ri­tenuti, nonostante l’assenza di notizie di reato, atti conseguenti l’obbligatorietà dell’azione penale, con un’azione ferma e rispettosa della Costituzione da parte del Parlamento. Il nostro Stato si articola sulla divisione dei poteri, ed è inaccettabi­le, come sempre si dice, in difesa della ma­­gistratura, che un potere prevalga e preva­richi su un altro. Ma questo deve valere anche per i troppi casi in cui l’azione giu­diziaria non sanziona reati, ma mette in discussione l’autonomia del potere legi­slativo. In subordine, quando eleva indizi di reato a fattispecie più gravi, sotto for­ma di associazioni criminali, sotto forma di complotti contro o Stato o di concorsi esterni in associazione mafiosa. Mi riferi­sco a casi della P3 e delle P4, suggestiva­mente inventati per evocazione della P2 che, dopo tanto clamore, la Corte di Cas­sazione stabilì, motivatamente, non esse­re stata un'associazione criminale. P3 e P4 non vogliono dire niente; eppu­re hanno procurato grande rumore gior­nalistico, in virtù di inchieste facinorose. Ricorderò che della P2, ovviamente irre­sponsabili, oltre a illustri giornalisti, co­me Roberto Ciuni, Maurizio Costanzo, Al­berto Sensini, Franco Di Bella, Roberto Gervaso, il presidente della Rai Enrico Manca, facevano parte anche il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (alcuni, per devozione alla memoria, dicono come «infiltrato») e Alighiero Noschese. Tutti, ovviamente, immacolati e innocenti. Ep­pure, sputtanati. Anche quella della P2 è una costruzione arbitraria, diventata cre­dibi­le per faciloneria investigativa e fanta­sia romanzesca. Dopo la sentenza di Cas­sazione che, letteralmente, ridicolizzò il teorema di Gherardo Colombo, nessu­no, fra i giornalisti, si scaldò troppo per ripristinare la verità e chiarire che i reati di Gelli erano reati individuali, non associa­tivi, e che nessuno degli appartenenti alla P2 fu condannato con lui. Neanche un for­midabile imitatore come Alighiero No­schese. In casi come questo, neppur il ri­dicolo mortifica inquirenti che hanno fondato la loro azione su teoremi, spesso per ambizione e vanagloria. Il Parlamen­to non può reagire con inutili Commissio­ni concorrenziali con la magistratura, ma con atti che inibiscano l’intrusione dell’Ordine giudiziario in campi che non gli competono e soprattutto nell’attività parlamentare.

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È sicuramente il caso dell’indagine sul senatore Calogero Mannino, un attenta­to alla Costituzione. I membri del Parla­mento non possono essere chiamati a ri­spondere delle opinioni espresse e dei vo­ti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Ogni membro del Parlamento esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Sull’abolizione del 41 bis ho condotto una battaglia assieme a Marco Pannella. Ben 52 parlamentari si sono espressi per l’abolizione del carcere duro. Cosa vo­gliono fare con indagini sulle prerogative parlamentari? Trasformare la politica e la battaglia per la difesa della dignità uma­na in reato?

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Ho litigato con Giuseppe Cruciani e Da­vid Parenzo, fastidiose «zanzare» che de­vono manifestare il loro spirito libertario seguendo i percorsi più ovvi. Io ho prova­to a dire le stesse cose che ha detto Lucia Annunziata, non ovviamente, vergo­gnandomi, dell’esibizione di Belen a San­remo ma ricordando i princìpi elementa­ri della buona educazione nello spirito di Rai Uno in prima serata. Ovvio che uno può trasgredire e non rispettare le regole, ma ci sono ragioni di opportunità che ren­dono un gesto bello, divertente e giusto in una situazione, e inutile e irritante in un’altra. Nessuna obiezione per la stessa esibizione al «Chiambretti Night», così come in bikini si va al mare e non in chie­sa.

I due non hanno capito, accusandomi di bigottismo invece che di rispetto di for­me in determinate circostanze, come lo smoking per la prima della Scala rispetto all’abbigliamento rock. Inutile insistere. Il loro successivo obiettivo non poteva che essere Giovanardi, il quale ha parla­to, con precisione, di un suo «e forse non solo suo fastidio» davanti a due ragazze che si bacino,s’intende con intensità ero­tica. Io che sono favorevole a tutti i baci del mondo, ho detto a loro di non trovare opportuno neanche il bacio erotico per strada, invece che a casa loro, a una don­na. Giovanardi ha esemplificato (riferen­dosi sempre al buon gusto, non a possibi­li reati e riferendosi all’intimità): «A lei che effetto fa se uno fa pipì? Se lo fa in ba­gno va bene, ma se uno la fa in strada da­vanti a lei può dare fastidio». Ineccepibi­le. Sono certo che è lo stesso pensiero di Monti e forse anche di Napolitano, di Ber­tinotti, Pannella, perfino di Vendola, ma per il duo de La Zanzara apriti cielo!: «Teheran, Teheran. Parli proprio tu che hai portato in Parlamento una porno star». E qui s’intende la loro miseria anti libertaria.

Una pornostar ha i diritti di qualunque cittadino, vota e può essere votata (vedi Cicciolina) e può andare in Parlamento allo stesso modo di Cruciani e di Parenzo. Diverso sarebbe se la porno­star facesse un suo spettacolo in Parla­mento. Ma è esattamente quello che dice Giovanardi. I due, insufficienti, non lo ca­piscono. Inutile discutere.

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