"Grazie a chi rischia la vita per la pace". L'omaggio di Meloni a 22 anni da Nassiriya

Nella Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace il premier ha voluto ricordare i "figli della nostra Patria" dei quali "non dimenticheremo mai il loro sacrificio"

"Grazie a chi rischia la vita per la pace". L'omaggio di Meloni a 22 anni da Nassiriya
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Il 12 novembre 2003 un attacco suicida presso la base White Horse a 7 chilometri da Nassiriya pose fine alla vita di 19 italiani tra carabinieri, soldati e civili. Morirono anche 9 iracheni che collaboravano con gli italiani. Nell'attentato rimasero feriti anche altri 20 italiani di cui 15 carabinieri, 4 soldati e un civile. Oggi, a 22 anni di distanza da quell'attentato, nella Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, il presidente Giorgia Meloni ha voluto "ringraziare ancora una volta tutti coloro che operano nelle missioni internazionali di pace, mettendo a rischio la propria incolumità a difesa dei nostri valori e della sicurezza di tutti noi". il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha rinnovato "il suo commosso pensiero a quanti hanno sacrificato la vita al servizio dell'Italia e della comunità internazionale, testimoniando con coraggio e dedizione il valore della solidarietà e dell'impegno per la pace tra i popoli".

Proprio come "quei servitori dello Stato che a Nassiriya hanno dato la vita per l’Italia e per compiere fino alla fine il loro dovere. Figli della nostra Patria che sono partiti con coraggio, portando con sé valori di pace, onore e servizio", ha scritto il presidente del Consiglio. A tutti loro, ha concluso Meloni, "e alle loro famiglie va, ancora oggi e per sempre, il nostro pensiero commosso e grato. Non dimenticheremo mai il loro sacrificio". Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ribadendo la propria vicinanza a familiari delle vittime e dai feriti, ha scritto in una nota che "la strage di Nassiriya ha segnato profondamente la coscienza nazionale, ricordando a tutti il valore di chi ha difeso la pace e la democrazia con coraggio e dedizione. Questa Giornata rinnova l'orgoglio e la gratitudine verso le donne e gli uomini delle forze armate, impegnati nei teatri operativi di tutto il mondo e animati da uno straordinario spirito di servizio". Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha voluto sottolineare che "la loro memoria non appartiene solo alle Forze Armate o alle Istituzioni: appartiene a tutti noi. È un patrimonio vivo, che parla di altruismo, di amore per il prossimo, di quella straordinaria capacità tutta italiana di portare speranza dove sembrava non potesse più esserci". Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi con una nota ha espresso "profonda gratitudine a tutti i nostri connazionali che, operando con professionalità e abnegazione nei più complessi scenari internazionali, hanno perso la vita al servizio della pace e del bene comune".

Nella giornata di ieri, il figlio di uno dei carabinieri caduti a Nassiriya ha voluto ricordare il padre, il vicebrigadiere Domenico Intravaia. "Non è stato facile reagire, papà mi è mancato tanto e mi manca sempre. Era un padre affettuoso, allegro e disponibile, amava il suo lavoro, la divisa che indossava e servire il Paese, con umiltà e senso del dovere. Mi sarei voluto arruolare anche io, ma ho capito che si può servire la patria in tanti modi, anche attraverso l'impegno politico, quello inteso come reale servizio alla collettività", ha dichiarato Marco Intravaia, oggi deputato all'Assemblea siciliana, che quando è morto il padre aveva appena 16 anni. "Mi sento comunque parte della grande famiglia dell'Arma, sono cresciuto nelle caserme e conservo dentro di me la frase del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa 'gli alamari sono cuciti sulla pelle' e così me li sento io. Sono orgoglioso di essere figlio di un servitore dello Stato che mi ha insegnato a credere nei valori costituzionali", ha aggiunto il deputato di Forza Italia. Ha tenuto a sottolineare che suo padre "è rimasto fedele alla Repubblica fino all'estremo sacrificio, consapevole del pericolo" e, ha aggiunto, "non è la morte che l'ha reso un eroe" ma "il coraggio con cui ha affrontato la sua ultima missione, con cui ha ubbidito agli ordini pur consapevole del pericolo".

La più grande eredità di suo padre, morto ad appena 46 anni, è "il rispetto e l'amore per le istituzioni che stanno al di sopra di tutto e vanno sempre difese ed onorate, a qualunque prezzo anche a costo della vita proprio come ha fatto lui".

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