È il terzo V-day e la domanda sorge impertinente: quale sarà il bersaglio adesso che Grillo e i suoi hanno passato il ponte levatoio? Sì, i 5 Stelle non sono più una forza extraparlamentare e i Di Battista e i Fico girano elegantemente incappottati, impacchettati come regali di Natale, per piazza della Vittoria. Il colpo d'occhio non promette sfracelli, l'annunciata quota centomila Grillo non la vede neanche col cannocchiale, ma il conducator non si scoraggia: «Ci sono tre metri liberi e i tg ci faranno subito un servizio». Poi si allarga con un paragone più azzardato di un ponte tibetano: «Qui prima di me è venuto Papa Ratzinger e ha fatto leggermente meno il pieno».
Sì, il pontefice è alla ruota di Beppe Grillo e Grillo alla testa di un movimento che ormai si confronta con l'Europa, perché l'Italia gli sta stretta. I cosacchi si sono abbeverati alle fontane di Montecitorio e di Palazzo Madama, ora il cortile di casa è l'Europa. Anzi la Ue. Intesa come il bivacco della casta al cubo. È lì che bisogna sparare, è in quella direzione che si deve puntare, è contro i suoi numeri che bisogna caricarsi di indignazione. È questo il senso di una giornata fredda e ventosa in cui i grillini vogliono andare «Oltre». Oltre la finanza, oltre i partiti, oltre le istituzioni malate, ma anche oltre i confini tricolori. Senza naturalmente perdere per strada i soliti bersagli: i partiti, le Regioni, Napolitano.
Però il comico ha deciso di tenere un eurocomizio e spinge i suoi fan contro Bruxelles. «Vogliamo fare un referendum per uscire dall'euro». L'euro, spiega alla platea valutata dagli stessi organizzatori in quarantamila persone, è il padre di tutti i guai. E poi c'è lei: «Io non voglio discutere con la Merkel - prosegue il leader pentastellato - io voglio parlare con quelli che hanno gli stessi nostri problemi: la Francia, la Grecia, il Portogallo, la Spagna. Dobbiamo creare un'alleanza mediterranea». E bloccare questa Europa a trazione tedesca: di più, secondo Grillo, la Germania è l'unico paese che si è avvantaggiato con l'euro. E invece l'Italia arretra: «Siamo in fondo a tutte le classifiche, particolarmente quelle dell'Ocse», che Grillo stropiccia in Ocsa. L'Italia sta diventando una gigantesca bancarella, buona per lo shopping delle multinazionali: «Ci comprano e ci svendono». Le piccole e medie imprese vanno a rotoli: «Produciamo il miglior olio del mondo e siamo i secondi importatori dell'olio di m.. del mondo. E pure questa piazza l'hanno affittata ad una multinazionale americana per cento anni. Per cento anni», ripete con tono rantoloso, carico di rabbia.
Sul maxischermo scorrono i nomi delle imprese che hanno cambiato padrone e parlano inglese, francese, russo. Un elenco impressionante. Grillo prova a scuotere la gabbia: «Basta con il pareggio di bilancio. Dobbiamo abolirlo».
Poi dopo aver difeso il made in Italy, si ricorda della casta romana e la mette alla berlina: «Noi abbiamo appena rinunciato a 42 milioni di finanziamento pubblico e questi si sono divisi 91 milioni. Siamo entrati nel Palazzo e abbiamo rotto la sacralità del Palazzo».
Ecco la lunga marcia grillina: entrare nel sancta sanctorum del privilegio, ma senza contaminarsi. Abitare nella reggia ma senza diventarne inquilini. Un equilibrio difficile anzi talvolta un esercizio di equilibrismo. Meglio puntare l'indice e accusare: «I partiti non ci sono più, dobbiamo solo dare loro l'estrema unzione. Presenteremo in parlamento l'impeachment contro Napolitano»; la voce si fa stridula mentre Grillo urla al capo dello Stato che ha tradito l'Italia. E per questo se ne deve andare «anche se si è raddoppiato». Un'arringa rassicura più di mille analisi. Le non molte bandiere sventolano, i giovani che indossano la maschera di Anonymous sorridono, qualcuno batte le mani. «Andiamo oltre», tuona ancora l'Irrefrenabile, ma è un oltre che si colora di obiettivi con pennacchio da sfregiare, di birilli da tirare giù, di potenti da mandare gambe all'aria. La lista si allunga dando nuovo carburante ai 5 Stelle. Ce n'è per la Corte dei conti che «ha scoperto dopo tanti anni che il finanziamento ai partiti è illegale», e pure per la Iuc, la nuova imposta sulla casa, definita sobriamente «un rutto da alcolizzato». Che vuoi farci, siamo circondati da pupazzi gonfiati e da tentativi di imitazione: «Papa Francesco mi ha copiato. Anche lui è grillino».
Il premier Enrico Letta, in serata, sembra voler rispondere al comico dalla Sinagoga di Roma: «Resisteremo sempre alle spinte della violenza, prima verbale e poi fisica, dell'intolleranza, della xenofobia e del razzismo che in Italia stanno crescendo in maniera preoccupante»
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