Guido Castelli: "Sostegno sulle imposte e meno burocrazia. Così riparte il Centro Italia dopo il sisma del 2016"

Il commissario straordinario nell’anniversario del terremoto: "Lo Stato ci ha già messo 1,8 miliardi"

Guido Castelli: "Sostegno sulle imposte e meno burocrazia. Così riparte il Centro Italia dopo il sisma del 2016"

Commissario Guido Castelli, a che punto siamo?

«I numeri - risponde il senatore di FdI ed ex sindaco di Ascoli Piceno - dicono che siamo a buon punto, anche se c’è ancora molto da fare. Su 20 mila cantieri autorizzati, più di 11 mila hanno concluso i lavori. Si procede ovunque, il 95 per cento delle opere pubbliche è stato avviato e per quanto riguarda i privati le erogazioni di Cassa depositi e prestiti hanno raggiunto i 4,79 miliardi. Quasi 5 miliardi insomma versati alle imprese che non hanno abbandonato la sfida della ricostruzione; questo vuol dire che i cantieri marciano e del resto il trend è netto: siamo a più 16,64 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023 e, addirittura, a più 41,71 per cento rispetto al 2022».

Castelli ha appena concluso la visita a una frazione di Norcia, nel pieno del cratere provocato dal terrificante terremoto del 24 agosto 2016 che ha squassato un pezzo del Centro Italia. Otto anni e il commissario straordinario si muove fra ponteggi e polvere. Dolore e speranze. Fughe e voglia di tornare in quei paesi cartolina, da Camerino ad Amatrice, che molti di noi hanno ammirato, magari con una tappa frettolosa, prima che il disastro facesse scendere il sipario.

Senatore, le solite inaccettabili ottusità burocratiche che spesso rallentano le opere sono state superate?

«Io sono stato nominato da Giorgia Meloni un anno e mezzo fa e ho trovato al momento del mio insediamento una ricostruzione che stentava a causa di tante false partenze. C’era, senza voler dare colpe a nessuno, un’impostazione dirigista, figlia della mentalità di alcuni governi a matrice centrosinistra che avevano avviato un modello mutuato dal sisma emiliano del 2012, lontano dalle esigenze dell’Appennino centrale».
Il suo predecessore, Giovanni Legnini, centrosinistra, al momento del congedo ha allontanato le polemiche.
«Do atto della sua lealtà».

In concreto lei che ha fatto?

«Ho semplificato e ho ascoltato tutti gli operatori impegnati nella ricostruzione e gli amministrativi, applicando pragmatismo e iniettando programmazione».

Per esempio?

«Gli albergatori dovevano anticipare l’Iva per riaprire le loro strutture. Risultato, molti hotel erano sprangati. Ho creato un fondo, ho tolto loro questo peso insostenibile e bellissime strutture di una zona meravigliosa ma ferita in profondità stanno ricominciando ad ospitare i turisti».

Torniamo al cratere.

«È vastissimo. Ottomila chilometri quadrati, 138 comuni divisi fra quattro regioni: Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo. Le scosse, violentissime e con pochi precedenti nella storia del nostro Paese, sono state quattro; la prima, il 24 agosto del 2016, ha ucciso 299 persone. Un’ecatombe». Un pezzo della civiltà italiana è venuto giù: Camerino, Norcia, Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto. «In questi paesi carichi di storia, ma sfigurati dal sisma siamo partiti finalmente con le gru e le pale».

Le macerie di Amatrice, rimaste sul terreno per anni?

«Le macerie le abbiamo cominciate a togliere dallo scorso anno, sgombrando molte aree, progettando il nuovo paese che comincia a prendere forma. Ad Arquata e Accumoli, gli altri due borghi martire, stiamo sperimentando un modello innovativo».

Quale?

«Il cantiere unico, previo accordo raggiunto con tutti i proprietari. Questo ci permette di superare difficoltà e problemi che ci costringerebbero a interruzioni e discussioni quotidiane con gli abitanti. Fra l’altro ho messo a disposizione dei funzionari un pool di avvocati. Ascoltano e offrono in tempo reale la soluzione. Così si risparmiano mesi che altrimenti perderemmo nel solito giro tondo fra un ufficio e l’altro. Ancora, ci tengo a sottolineare che abbiamo stabilizzato 359 persone che erano state assunte per l’emergenza sisma ma a tempo determinato».

Che però è ancora lontana?

«No, stiamo correndo. Ad ottobre, finalmente aggrediamo la zona rossa di Camerino dove si sono studiate soluzioni innovative perché le gru non entravano fra i vicoli medioevali. Anche a Castelluccio, famosa per le sue lenticchie, si prospettano realizzazioni architettoniche senza precedenti».

Quanti sono i nuclei familiari ancora lontani da casa?

«I nuclei che fanno ricorso all’assistenza abitativa e insomma non sono ancora rientrati nelle loro abitazioni sono 11182, contro i 12319 del 2023 e i 14211 del 2022. I prossimi due anni dovrebbero essere decisivi per migliaia di famiglie. Teniamo conto del fatto che anche in Friuli, spesso citato a modello, la ricostruzione andò avanti per 19 anni».

In conclusione torneremo allo scenario pre terremoto?

«No, puntiamo a fare meglio. E la tragedia immane del sisma ci è servita per affrontare il grande, storico problema di queste zone: lo spopolamento di vaste aree dell’Appennino. Stiamo incentivando i piccoli artigiani, le pizzerie e i bar, e anche alcuni grandi insediamenti, come le Terne di Popoli e la Lube a Treia, l’Ariston e la Sanofi. Gli ultimi dati ci dicono che finalmente si vedono segnali di inversione di questa tendenza. La gente si riaffaccia e scommette sul domani di queste terre, fermando il declino.

Lo Stato ci ha messo 1,8 miliardi, con fondi complementari al Pnrr, e ci rivolgiamo a tutti, anche agli stranieri pensionati da almeno cinque anni che possono sfruttare una flat tax vantaggiosissima, al 7 per cento, se si stabiliscono nei comuni del cratere. Questa notizia sta facendo il giro del mondo e qualcuno ha già bussato».

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