Hanno vinto i gay: ora l'Europa è loro

Il Parlamento Ue chiede il riconoscimento delle nozze gay in tutti i Paesi. Dopo aver perso la sovranità economica, ora rischiamo di farci imporre anche l'etica

Hanno vinto i gay: ora l'Europa è loro

Che l’Europa cristiana imponga agli Sta­ti memb­ri attraverso un voto del Parla­mento europeo, la sovversione di prin­cipi morali, avrebbe certamente turba­to Benedetto Croce e Altiero Spinelli. È vero che la pronuncia del Parlamento sancisce in linea di principio o di quelle che si chiamano «pari oppor­tunità», l’uguaglianza di diritti e di doveri e con ciò, come in Spagna, la legittimazione delle unio­ni di fatto equiparate ai matrimoni. Nozze gay, dunque. Perché negare a due uomini o due don­ne di unirsi come sposi, in una regolare famiglia riconosciuta dallo Stato? Possono forse i senti­menti essere limitati dai sessi? E per chi segue i precetti di una religione i principi morali vigono comunque, come scelta di fede, senza ledere i di­ritti civili di chi non crede.

Tutto giusto, e logico, all’apparenza. Perché le religioni e i principi morali devono invadere la sfe­ra dello Stato? E perché la famiglia deve ispirarsi alla famiglia cristiana? Qualche ragione ci potreb­be essere. Ma non dobbiamo occuparci di questo e neppure di essere una società a maggioranza cri­stiana. Questa condizione non ha impedito l’in­troduzione del divorzio. Se uno è cattolico prati­cante non divorzia. Ma la questione della fami­glia e delle unioni è più spinosa. Infatti le ragioni che hanno mosso e muovono queste rivendica­zioni non sono di natura etica, ma pratica. E ri­guardano l’assistenza, l’eredità, le pensioni. Da anni la libertà amorosa e la pubblica dichiarazio­ne d­el proprio orientamento sessuale sono larga­mente riconosciute. Sono scomparse le figure del­la ragazza madre e del «finocchio» costretto nel suo ghetto. Dunque cosa pretendere ancora? E qui si apre la resistenza di un governo alle prese con il contenimento della spesa pubblica.

Il presidente del Consiglio Mario Monti, non per questioni di principio, o perché cattolico prati­cante, ma perché tutore della stabilità del bilan­cio dello Stato, come è intervenuto sui limiti tem­porali delle pensioni, così non potrà moltiplicare le pensioni di reversibilità invocate e pretese non appena entrate in vigore le unioni di fatto. Morto un uomo il suo giovane compagno potrà, come una moglie, ottenere i benefici della pensione. Quello che valeva soltanto per marito e moglie, varrà per marito e marito e moglie e moglie, in un vertiginoso incremento della spesa pubblica.

E, dal momento che ragioni materiali, non ragioni morali, hanno determinato la decisione del Parla­mento europeo, Monti dovrà impedire la banca­rotta dello Stato, limitando l’efficacia delle unio­ni di fatto alla sola sfera etica. Solo così si potrà sal­vare lo Stato da una certa dissoluzione. Economi­ca, non morale.

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