I padroni del barile? Sono invincibili

I petrolieri si accordano sui prezzi per non farsi concorrenza e il Palazzo sta dalla loro parte. Contro di noi

I padroni del barile? Sono invincibili

Cose strane, cose arcane, co­se da pazzi. Sfogli i giorna­li e ne trovi mille al dì. L’ul­tima è di ieri. Il Codacons, famoso per le sue iniziative eccentriche, stavolta forse ne ha azzeccata una giusta.Constatato l’aumento ver­t­iginoso dei prezzi di benzina e ga­solio, ha fatto un esposto alla co­siddetta autorità competente, e sono scattati i controlli della Guar­dia di finanza, che, a ben guarda­re, potevano scattare anche pri­ma e senza bisogno di stimoli, da­to che il rincaro dei carburanti è in atto senza requie dai tempi della conquista imperiale di Addis Abe­ba.

Il Duce è stato un anticipatore in tutti i campi e detiene ancora molti record. Transeat. È un fatto che le Fiamme gial­le sono andate in giro a fare il pieno di qua e di là e si sono accorte di un fenomeno che noi avevamo scoperto da anni: ogni pretesto è buono per ritoccare - rigorosa­mente verso l’alto - il prezzo dei prodotti petroliferi. Che succederà? Facile indovi­nare. Niente. I petrolieri, quelli che com­prano barili di oro nero, lo raffinano, lo vendono all’ingrosso e ne fissano le tariffe al dettaglio, sono ricchi sfondati. Ci sarà un perché. Quale? Mah! Siccome però sia­mo dotati di intuito, proviamo ad avanza­re ipotesi maliziose.

Essi, i petrolieri, se ne fottono del merca­to e non hanno voglia di farsi concorrenza tra loro.Per cui si mettono d’accordo e,da bravi colleghi,decidono all’unisono di al­zare i prezzi degli idrocarburi; cosicché il consumatore, a qualsiasi distributore fac­cia rifornimento, paga la stessa cifra per ogni litro. Questo bel sotterfugio è stato de­finito dagli esperti in fregature con un’espressione tutt’altro che minaccio­sa: «Fare cartello». Il cui significato però è sinistro: un modo ingegnoso per svuotare le tasche agli automobilisti che hanno vuoto anche il serbatoio. Ecco spiegato perché i petrolieri sono sempre più ricchi, mentre i cittadini sono sempre più pove­ri. Non so se il lettore ci abbia fatto caso. Nel dubbio, conviene ricordare un parti­colare. Quando il prezzo del greggio sale, sale subito e proporzionalmente anche quello del prodotto finito, pronto per l’uso.

Trattasi di collaudato automati­smo. Viceversa, quando cala il greggio, ca­la solo questo: benzina e gasolio col cavo­lo che costano meno. Perché? Mistero mai svelato, nonostante i tentativi dei soli­ti esperti di arrampicarsi sugli specchi per convincerci che siamo tonti se non com­prendiamo faccende tanto semplici. In ef­fetti sono semplicissime e traducibili in una parola: bidoni. E lo Stato che dice in proposito? Nulla.

Perché partecipa alla spartizione della tor­ta carburanti. E lo fa furbescamente perfi­no a livello di linguaggio. Per non disgusta­re gli italiani, già strangolati dal fisco (in materia siamo primatisti mondiali), non osa chiamare tassa l’imposta sui suddetti carburanti; preferisce ricorrere a un sino­nimo ignoto alla massa: accisa. Così uno pensa: sarà un obolo che dobbiamo devol­­vere quale risarcimento a chi è stato «acci­so » (ucciso) mentre lavorava alla raffina­zione del petrolio, o qualcosa del genere. E paga.

Le accise in effetti uccidono, ma lo fanno con garbo. Ogni litro di benzina, un balzello in costante ascesa. E così il prez­zo al pubblico è diventato insostenibile.

Adesso è arrivato il Codacons (sembra il nome di un Comune friuliano). Si illude, con la collaborazione della Guardia di fi­nanza, di fare un buco nel petrolio.Ma fa­rà un buco nell’acqua. I padroni del barile sono invincibili, e lo Stato sta dalla loro parte. Contro di noi.

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