I partiti sono rassegnati: il voto sarà una figuraccia

Domani e dopo si vota, ma per le forze politiche il rischio flop è alto: ecco perché hanno fatto poca propaganda

I partiti sono rassegnati: il voto sarà una figuraccia

È la prima volta, in oltre 60 anni di storia repubblicana, che un’elezione ammi­nistrativa riguardante 9 milioni di ita­liani viene presa poco sul serio, po­chissimo propagandata e per nulla enfatizzata dai media. Il perché è presto detto: i partiti - cioè il motore della politica- hanno paura di fare brut­ta figura. Timore fondato. Essi sanno di godere scarsa popolarità. Hanno compulsato i sondag­gi e si sono accorti, dati alla mano, di rischiare un flop clamoroso. Qualsiasi movimento, chi più chi meno, è in difficoltà a guadagnare consensi e perfino a non perdere il cosiddetto zoccolo duro degli aficiona­dos. Cosa fare per attutire la botta che si annun­cia pesante? Non dare importanza alla consultazione, considerarla irrilevante anche quale test per misurare il grado di disaffezione della gente verso i suoi tradizionali rappresentanti. Non è un caso che nei Comuni dove si vota, domani e lunedì mattina, siano presenti numerose liste ci­viche, cioè prive dei soliti simboli: tutto è buono per confondere le acque e rendere praticamen­te i­mpossibile un raffronto tra i risultati che sorti­ranno dalle urne, in questa tornata, con quelli di cinque anni orsono.

Non conviene a nessuno sottolineare le perdi­te e i «profitti» quando vi è la consapevolezza che le prime supereranno di gran lunga i secondi. Nonostante ciò, già a spoglio in corso, e a maggior ragione a spoglio avvenuto, esploderanno polemiche che troveranno un amplificatore nei programmi televisivi dedicati: tutte le emittenti hanno annunciato, infatti, di voler seguire ogni fase successiva alla chiusura dei seggi, fissata per le ore 15. Sarà quindi un pomeriggio caldo durante il quale assisteremo alle consuete escursioni sugli specchi dei politici, impegnati a dichiarare che hanno perso meno del previsto oppure che il loro partito ha tenuto. Improbabile che qualcuno si stia preparando a canta­re vittoria, tranne forse Beppe Grillo, cui si attribuisce il ruolo di spazzino, ovvero quello di chi raccoglie i suffragi ceduti lun­go la strada impervia della crisi dalla Le­ga, funestata anche dalle note vicende di soldi, dal Pdl, che paga l’appoggio al go­verno dei tecnici- esattori, e dalla stessa si­nistra da tempo senza identità, priva di strategie e perfino di tattiche.

Inutile girare in tondo: questo è il mo­mento dell’antipolitica, favorita e addirit­tura alimentata dalla cattiva politica che, nella percezione dei cittadini, è responsa­bile dello stato in cui si è ridotto il Paese. Né serve attaccare, come invece fanno i leader delle forze trainanti, i demagoghi capaci di sfruttare lo sbandamento in atto a ogni livello (governo centrale, Regioni, Comuni e Province) per imporsi quale al­ternativa ai partiti più organizzati.

D’altronde, molti elettori sono nausea­ti: c’è chi è intenzionato ad astenersi dal voto e chi, viceversa, essendo animato dal desiderio di punire i politicanti di sem­pre, medita di scegliere candidati di Cin­que stelle (e formazioni simili). Così, giu­sto per fare casino. O, forse, nella convin­zione che sia meglio distruggere l’esisten­te che rassegnarsi allo statu quo. E poi? Boh, si vedrà.

Non è di sicuro una soluzio­ne, ma non lo è neppure quella suggerita dai partitanti: tirare a campare, sperando nell’aiuto dello stellone italico. Che però non brilla più da tempo.

Il clima è da funerale. Se non c’è il mor­to, ce ne saranno due. O tre.

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