I «sì» pronunciati in chiesa resistono meglio di quelli in Comune Tra rito religioso e rito civile

Mettendo a confronto i matrimoni del 1995 con quelli del 2005 si osserva come la propensione a separarsi nei matrimoni celebrati con il rito religioso sia molto inferiore e molto più stabile nel tempo rispetto a quella nelle nozze civili. Come se la decisione di sposarsi in chiesa arrivasse dopo una fase di maggiore riflessione rispetto alla decisione di unirsi solo civilmente in Comune. È quanto emerge dal report «Separazioni e divorzi in Italia» dell'Istat. Dopo 7 anni i matrimoni religiosi sopravviventi sono praticamente gli stessi per le due coorti di matrimonio considerate (rispettivamente 933 e 935 su 1.000). I matrimoni civili sopravviventi scendono a 897 per la coorte del 1995 e a 880 per quella del 2005. I dati a livello nazionale sono però la sintesi di comportamenti molto differenziati sul territorio. Su 1.

000 matrimoni celebrati nel 1995 quelli sopravviventi a distanza di sette anni sono 897 in Lombardia e 962 in Sicilia, a fronte di un valore medio nazionale di 926. Considerando le coorti di matrimoni del 2005 la propensione alla separazione aumenta: a distanza di sette anni sono 886 in Lombardia e 948 in Sicilia.

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