Se non saranno dissequestrati gli impianti, l'Ilva chiuderà lo stabilimento di Taranto. È scritto nell'istanza Ilva di dissequestro: «L'ovvia insostenibilità economico-finanziaria delle condizioni di esercizio condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell'attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo».
«L'unico modo per far fronte a tale impegno - scrive l'Ilva - consiste nell' attuazione effettiva del decreto di revisione dell'Aia: vale a dire l'attuazione non solo di quella parte delle novellate disposizioni, recante limiti e disposizioni più stringenti di quelle approvate nell'agosto 2011, bensì dell'autorizzazione all'esercizio nel suo pieno (e ovvio) significato giuridico, cui quelle disposizioni sono appunto strumentali».
«L'incontro di ieri ha registrato ancora una volta la distanza che c'è tra le posizioni dell'azienda e quelle dei sindacati. Per Fim, Fiom e Uilm non ci sono le condizioni per aderire alle richieste sulla cassa integrazione da parte dell'azienda, che continua ad avere l'atteggiamento di chi non vuole affrontare i problemi dell'intero stabilimento e di trattare l'argomento come se fossimo davanti a una contrazione di mercato e come se il 26 luglio (giorno del sequestro degli impianti a caldo, ndr) non fosse accaduto nulla». Lo sottolinea il segretario provinciale della Fiom-Cgil Donato Stefanelli commentando l'incontro tra azienda e sindacati sulla cassa integrazione.
Ilva: «Se non arriva il dissequestro, chiudiamo la fabbrica»L'azienda al bivio
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