L’EX AMICO E COFONDATORE IDV 4 ELIO VELTRI

Elio Veltri, un commento su Di Pietro indagato.
«Nessun commento».
Perché?
«Perché, come si dice in questi casi, meglio lasciar lavorare in pace la magistratura. Non voglio dire o fare niente. E poi con quello lì (Di Pietro, ndr) bisogna misurare ogni parola».
In che senso?
«Una virgola sbagliata, riportata male sul giornale, e sei fritto».
Si riferisce alla minaccia di una nuova querela annunciata dal suo ex amico Tonino che ha rammentato a tutti l’altra (querela) persa da lei, e dal Giornale, proprio sulla questione dei rimborsi elettorali percepiti dall’Associazione Italia dei valori anziché dal Partito Italia dei valori?
«Ecco, appunto. Lui pensa di fare politica querelando tutti. Vabbé, faccia. Si accomodi. La querela trattata dal tribunale di Monza, e di cui Di Pietro parla, l’ho persa perché a voi avevo detto che “i finanziamenti andavano a quei tre” (Di Pietro, la moglie Susanna Mazzoleni, la tesoriera Silvana Mura, ndr). Il giudice, in sentenza, mi condanna perché avrei dovuto dire “i finanziamenti andavano all’Associazione costituita da quei tre”. Questa è la cosa abissale che ci ha fatto perdere la causa di cui parla quello lì (sempre Di Pietro, ndr)».
La sua prossima mossa?
«Vado a Parigi con i miei due nipoti».
Immaginava un simile sviluppo dell’inchiesta romana nata da un suo esposto?
«Macché. Ovviamente sapevo che qualcosa si muoveva perché sono stato ascoltato a lungo dalla Guardia di finanza. Non so nemmeno che fine abbia fatto l’inchiesta della Procura di Milano, affidata al pm Eugenio Fusco dopo la trasmissione degli atti da parte del presidente del tribunale Livia Pomodoro. Tornando all’inchiesta di Roma, è stata una sorpresa».
Di Pietro dice che la sua iscrizione sul registro degli indagati è un atto dovuto.
«Se lo dice lui sarà così».
Dice anche che chiarirà tutto.
«Bene. Ma il problema è più complesso».
In che senso?
«Al di là del caso specifico di Di Pietro, dell’Associazione e del Partito e di chi è davvero titolato a prendere i rimborsi elettorali, il problema del finanziamento della politica è un problema gigantesco in questo Paese e credo che tutti quelli che hanno a cuore la legalità dovrebbero impegnarsi a risolverlo. Io me ne occupo da vent’anni...».
Sarà per questo che praticamente nessuno, a botta calda, ad eccezione dei parlamentari del Pdl Gasparri e Laboccetta, ha commentato la notizia di Antonio Di Pietro indagato per truffa?
«Mettiamola cosi. Il problema dei finanziamenti ai partiti nessuno lo vuole affrontare. D’altronde adesso il finanziamento pubblico vale un miliardo di euro in cinque anni, ho visto i dati dal 1976 al 2005, pazzeschi: senza le rivalutazioni, il finanziamento pubblico prima come tale e poi come rimborsi delle spese elettorali, è costato più di due miliardi di euro più l’incremento di valore che sarà di un altro miliardo di euro. Negli ultimi cinque anni il finanziamento è costato un miliardo e trecento milioni di euro, anche per via della legislatura interrotta. C’è stato un aumento enorme. Un giro di soldi pazzesco. Pensate, poi, che gli stessi partiti alla fine dichiarano ufficialmente di spendere molto meno di quello che incassano. Se si scoperchia la pentola ce n’è per tutti».
E la Camera dei deputati che controlli fa?
«Bella domanda. Secondo noi molto scarsi tant’è che sulle questioni da noi sollevate in occasione delle elezioni europee del 2004 ha ricevuto un decreto ingiuntivo. Un atto senza precedenti (anche se ora è tutto bloccato). Il mio avvocato per due volte si è incontrato con una delegazione della presidenza della Camera...».
Torniamo al suo vecchio amico. Tonino Di Pietro sostiene che le sue sono accuse trite e ritrite, già sconfessate dalla magistratura. Una sorta di ossessione personale.
«Non so a cosa si riferisca, non mi interessa nemmeno. Io non ho fatto cento esposti o mille querele. E come ha detto giustamente il mio avvocato, Francesco Paola, la questione non riguarda esclusivamente le elezioni europee del 2004 quando il movimento politico del Cantiere corse a fianco dell’Idv. La questione sottoposta alla Procura di Roma con un esposto molto dettagliato concerne la gestione dei fondi pubblici elettorali dell’Idv dal 2001 a oggi. Chiediamo solo che sia fatta luce su condotte che a nostro avviso meritano un approfondimento della magistratura».
Lei sostiene che l’Associazione Idv (composta da Di Pietro, dalla moglie e dalla tesoriera Mura) ha percepito per anni rimborsi elettorali al posto del Partito Idv. L’ex pubblico ministero di Mani pulite sostiene invece che l’Associazione e il partito sono la stessa cosa.
«Io sto agli atti, ogni considerazione ulteriore spetta al magistrato che segue il procedimento penale. C’è un’ordinanza del tribunale di Roma del 2008 che sancisce la diversità dei due soggetti. L’Associazione è una cosa, il Movimento-Partito un’altra. E poi c’è anche la sentenza di cui sopra, quella che mi condanna, che ribadisce che ognuno dei soggetti giuridici vive di vita propria.

Poi basterebbe andare a leggere gli statuti dell’Associazione del 2000 e del 2004 per avere l’ennesima riprova a quel che andiamo sostenendo. Se uno si vuole documentare, lo può fare. Le carte sono lì, a disposizione di tutti. Ovviamente, e lo ripeto mille volte, spetta al magistrato stabilire se questo è un reato oppure no».
GMC

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