L'addio a Martini, uomo di tutta la Chiesa

Ventimila persone in Duomo a Milano per l'ultimo saluto. Nel suo messaggio il Papa ricorda il "servitore del Vangelo". Scola: "Le diversità? Parte dell'unità"

L'addio a Martini, uomo di tutta la Chiesa

Milano - Il funerale del cardinale Carlo Maria Martini è dentro il Duomo e anche fuori, sulla piazza. Ovunque sono inginocchiate persone in preghiera. Qua e là fanno capolino i mantelli neri degli ortodossi e le vesti sgargianti dei buddisti, gli ombrelli multicolore della gente sotto la pioggia davanti ai maxischermi.
Ma è anche il giorno del solenne addio della sua Chiesa cattolica, che lo saluta a ranghi più che mai compatti. A partire da Papa Ratzinger. «Uomo di Dio», «instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa», «con una grande apertura d'animo, non rifiutando mai l'incontro e il dialogo con tutti» è il ritratto che Benedetto XVI dipinge nel messaggio letto ai funerali dal suo rappresentante, il cardinale Angelo Comastri. «Il Santo Padre è spiritualmente presente» dice in Duomo Comastri, che in mattinata aveva voluto sottolineare come «Martini è stato fino in fondo un figlio della Chiesa e non deve e non può essere usato contro la Chiesa».

«La sua eredità è tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attingervi a lungo» lo saluta l'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, che presiede i funerali. Non nasconde che possono esservi state posizioni distanti con il cardinal Martini, punto di riferimento dei cattolici liberal e progressisti. «Nella Chiesa - dice Scola - le diversità di temperamento e di sensibilità, come le diverse letture delle urgenze del tempo, esprimono la legge della comunione: la pluriformità nell'unità». E il cardinale Dionigi Tettamanzi, immediato successore di Martini, lo ricorda per lo «sguardo capace di vedere lontano», «per l'arte di ascoltare e dare speranza a tutti».
I numeri aiutano a sentire il calore. Quindicimila fedeli in piazza e seimila in cattedrale, dopo i duecentomila che si erano messi in fila per la camera ardente. In Duomo milleduecento preti, dodici cardinali, trentotto vescovi. C'è anche Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione: la pubblicazione della lettera in cui parlava in termini critici degli ultimi trent'anni della Chiesa ambrosiana aveva suscitato amarezza tra i martiniani. Ma come sintetizza alla fine della Messa il vicario di Scola, Mario Delpini: «In morte come in vita il cardinal Martini è stato capace di radunarci», «anche se lontani».

Nelle prime file il premier Mario Monti con la moglie Elsa e i quattro ministri Piero Giarda, Renato Balduzzi, Andrea Riccardi e Lorenzo Ornaghi, trenta parlamentari tra cui l'ex ministro Mariastella Gelmini e la presidente del Pd, Rosy Bindi, il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, e di Sel, Nichi Vendola, l'ex premier Romano Prodi, il presidente della Regione, Roberto Formigoni, il sindaco

di Milano, Giuliano Pisapia e altri trentaquattro primi cittadini. Qualcuno, anche vip, è rimasto fuori: il banchiere Alessandro Profumo e lo scrittore Michele Serra sono sotto la pioggia, in mezzo alla piazza stracolma.

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