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La Meloni lancia l'elezione diretta del premier: "È la madre di tutte le riforme"

Il Consiglio dei ministri licenzia il disegno di legge costituzionale che prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio: più stabilità ai governi e stop agli inciuci di palazzo

La Meloni lancia l'elezione diretta del premier: "È la madre di tutte le riforme"

Ci siamo: la proposta di riforma costituzionale del premierato vede la luce. Il Consiglio dei ministri ha licenziato all'unanimità oggi il disegno di legge che da adesso adesso comincerà il suo lungo iter parlamentare costituito da almeno quattro letture alle Camere (di cui le ultime due con un maggioranza qualificata) ed eventualmente un referendum confermativo. L'obiettivo del governo Meloni è chiaro, come indicato anche recentemente dal presidente del Consiglio: dare stabilità al governo e fare entrare l'Italia nella Terza Repubblica. Non ci saranno più cambi di governo fatti nel palazzo che hanno gettato il Paese nell'incertezza in questi ultimi anni e, allo stesso tempo, verrà rafforzato il rapporto tra istituzioni ed elettori.

L'elezione diretta del premier

Partiamo dalla più importante novità in assoluto: se la riforma dovesse essere approvata, dalla prossima legislatura il presidente del Consiglio verrà eletto direttamente dai cittadini a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni, ma non necessariamente in un unico turno: viene così lasciata maggiore margine e flessibilità alla legge elettorale che fisserà le modalità e i dettagli della norma che stabilisce l'elezione diretta. Questo significa che significa che non è esclusa l'eventualità di un ballottaggio (come avviene nei Comuni). La scelta del capo del governo e dei nuovi componenti del Parlamento avverranno attraverso un'unica scheda elettorale.

Nei fatti, viene costituzionalizzato il premio di maggioranza: si prevede infatti un premio assegnato su base nazionale che garantisca ai candidati e alle liste collegati al premier il 55% dei seggi alla Camera e al Senato, tenendo ben saldi i principi di rappresentatività e di governabilità. Il presidente del Consiglio, come stabilito dall'articolo 3, "è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura". Il ruolo del presidente della Repubblica sarà comunque importante: sarà proprio il Capo dello Stato a conferire al capo dell'esecutivo eletto l'incarico di formare il governo e a nominare, su proposta del premier, la squadra dei ministri.

Crisi di governo e norma anti-ribaltone

Cosa succederà in caso di crisi di governo? Ecco che arriva qua in "soccorso" la norma anti-ribaltone: il premier eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini può cambiare, ma solo una volta nel corso della legislatura. L'importante è che il nuovo presidente del Consiglio sia sempre un parlamentare eletto nelle fila della coalizione che ha vinto le elezioni e ne porti avanti il programma. "Qualora il Governo così nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio subentrante, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere", si legge nel ddl. Termina così la stagione dei governi tecnici e dei repentini cambi di colore di maggioranza a colpi di inciuci sottobanco.

Il nuovo ruolo del Capo dello Stato

Il Capo dello Stato non potrà più nominare nuovi senatori a vita: assumeranno questo ruolo solo, di diritto, i presidenti della Repubblica che terminano il proprio incarico al Quirinale, "salvo rinunzia". La prima carica dello Stato non avrà più la possibilità di sciogliere una sola delle due Camere. A oggi invece l'articolo 88 afferma che il capo dello Stato può sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Dunque verrà apportata la modifica abolendo il passaggio "o anche una sola di esse". Una facoltà che comunque continuerà a non essere esercitata negli ultimi sei mesi del suo mandato, a meno che coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Si specifica che la legge costituzionale si applica a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere, successivo alla data di entrata in vigore della disciplina per l'elezione del Presidente del consiglio e delle Camere.

Meloni: "Andiamo verso la terza Repubblica"

"La riforma che introduce l'elezione diretta del premier garantisce due grandi obiettivi: garantire il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine al gioco dei ribaltoni, ai giochi di palazzo o ai governi arcobaleno e tecnici, governi passati sulla testa dei cittadini per decidere cose che i cittadini non avevano chiesto". Così Giorgia Meloni commenta in conferenza stampa il ddl appena licenziato, definito "la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia". "Non a sta me ricordare - aggiunge - che in 75 anni di storia repubblicana abbiamo avuto 78 governi, con una vita media di un anno e mezzo". La riforma poi "consente che chi governa possa governare con un'orizzonte di legislatura, dunque abbia cinque anni per realizzare un progetto e dare stabilità, una condizione sostanziale per garantire strategia e guadagnare credibilità" anche a livello "internazionale". Il presidente del Consiglio aggiunge che "abbiamo fatto quello che dovevamo fare, abbiamo mantenuto l'impegno che ci eravamo presi, si tratta di un'occasione storica che ci porta nella terza Repubblica ma poi deve sempre decidere il popolo a decidere".

"Il ruolo del presidente della Repubblica è di assoluta garanzia e noi abbiamo deciso di non toccarne le competenze, salvo l'incarico al presidente del Consiglio" che viene eletto, ha detto ancora Meloni. "Non ci saranno i senatori a vita, fatto salvo per gli ex presidenti della Repubblica e gli attuali senatori a vita. Dopo il taglio dei parlamentari l'incidenza dei senattori a vita è molto aumentata", ha osservato Meloni. "Il testo raccoglie i suggerimenti raccolti durante il confronto sia con la maggioranza sia con l'opposizione, sia con la società civile". La premier ha auspicato un "provvedimento che possa incontrare il più ampio consenso" e che - dice - "non vogliamo imporre". "Sono molto fiera di questa riforma che confido possa avere un consenso ampio in Parlamento. Qualora non dovesse esserci chiederemo agli italiani cosa ne pensano con un referendum".

Tajani: "Riforma era battaglia storica di Berlusconi"

"Condivido l'importanza della riforma costituzione: ora andrà in Parlamento e si tratta di una battaglia storica di Forza Italia e di Silvio Berlusconi". Lo ha affermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso della conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio dei ministri. "Abbiamo rispettato l'impegno preso con gli elettori", ha aggiunto il ministro parlando di una "delle priorità" per offrire "più stabilità e nessun ribaltone: possiamo guardare con fiducia al futuro, anche perchè è una questione anche di credibilità internazionale: la riforma rafforzerà l'Italia anche sui mercati".

Infatti, "se passerà questa riforma in tutti consessi internazionali avranno da discutere per cinque anni con gli stessi ministri", conclude il segretario di FI.

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