L'ira di Ghedini: la legge Severino andava bocciata

Due aspetti contrari alla Costituzione. E ora si spera nella corte di Strasburgo

L'ira di Ghedini: la legge Severino andava bocciata

Milano - Alla fine, a Niccolò Ghedini tocca interpretare il ruolo sgradevole di quello che l'aveva detto. Perché, spiega ieri l'avvocato dopo la ri-condanna di Berlusconi all'interdizione dai pubblici uffici, le insidie nascoste nel decreto anti-corruzione del governo Monti, passato alle cronache come «legge Severino», lui le aveva viste per tempo: soprattutto perché non veniva esclusa chiaramente la retroattività della norma. Un difetto non da poco, visto che è esattamente per quel dettaglio che oggi Berlusconi rischia di essere sfrattato dal Parlamento.
Ieri, nell'aula del processo, Ghedini cerca invano di convincere la corte d'Appello che la legge Severino è incostituzionale: perché di fatto raddoppia una pena già prevista dal codice penale, l'interdizione dai pubblici uffici, sommando due sanzioni simili per lo stesso reato. Ma, questioni tecniche e giuridiche a parte, per lo staff del Cavaliere la giornata di ieri è la riprova di quanto si sosteneva da tempo: contro Berlusconi è in atto una manovra a tenaglia, che punta a incastrarlo in una duplice morsa per espellerlo per via giudiziaria dal Parlamento. Da una parte il codice penale e le leggi fiscali ordinarie, dall'altro la «Severino». Dove non arriva una, arrivano gli altri.
Ma se la legge Severino è incostituzionale, non si poteva fare a meno di votarla? Non ve ne eravate accorti? Risponde Ghedini: «Io non l'ho votata, me ne ero accorto tanto che fu una delle ragioni di massima tensione di allora con il governo Monti sia per quanto riguarda la legge delega che soprattutto per il decreto legislativo. Fu uno scontro notevolissimo, per cui non è vero quel che dicono alcuni che c'era l' unanimità. Almeno per quanto mi riguarda, e io ero responsabile Giustizia del Pdl, ho sempre detto che non si poteva e non si doveva votarla. Comunque la legge Severino non è incostituzionale nella sua totalità, è incostituzionale nella sua interpretazione retroattiva, per cui noi si era chiesto che venisse messa una norma transitoria che chiarisse questo punto che poteva prestarsi a delle male interpretazioni. E cosi purtroppo è stato».
La partita sulla Severino, si fa notare negli ambienti difensivi del Cavaliere, comunque non è chiusa. Perché qualunque cosa scriveranno nelle motivazioni i giudici che ieri hanno rifiutato di impugnarla davanti alla Corte Costituzionale (e può anche darsi che non si addentrino ad analizzarla, affermando solo che non era rilevante in questo processo) sulla legge anticorruzione del governo Monti pesa il giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo, cui Berlusconi si è rivolto proprio per lamentare la sua retroattività.

E se la «Severino» dovesse in qualche modo naufragare sugli scogli di Strasburgo, allora la sconfitta di ieri in Corte d'appello potrebbe tradursi in una mezza vittoria. Perché a tenere fuori Berlusconi dal Parlamento sarebbe solo la sentenza milanese. E due anni, in fondo, passano in fretta.

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