Dopo i tweet impacciati, la combriccola di Monti si affida ai pizzini. È il nuovo stile di moderati, centristi, tecnici e affini: allusioni, vaghe minacce, sospetti, mezze parole dette e non dette, quasi che sotto il loden si nascondesse la coppola. Un tempo questa gente diceva che la forma è tutto. Appunto. Ascoltate che pizzino ha inviato Gabriele Albertini, candidato montiano in Lombardia, a Roberto Formigoni. Albertini si è sentito tradito e minaccia: «Formigoni non mi inquieti o parlo io. Posso dire cose che lo metterebbero a terra. Lui sa di cosa parlo». Che sta succedendo? La lettura dei sondaggi ha posto i montiani di fronte a una inattesa realtà. E le loro ambizioni si stanno schiantando contro il ritorno di Berlusconi. Sembrava tutto facile con il Cavaliere in ritiro. Avrebbero avuto una prateria di voti da mettere sul tavolo della politica e da far pesare al futuro governo Bersani. Doveva essere la rivincita di Fini e Casini, la cavalcata gloriosa del super tecnico Monti verso un futuro da politico autorevole, soprattutto per gli interessi dell'Europa e della sua amica Merkel. Tutto questo con l'appoggio dei mercati, delle cancellerie straniere, dei poteri forti, della Chiesa, delle banche, delle associazioni cattoliche, di santi, poeti e navigatori. Il sogno era un sogno ed è durato poco.
Tradito dai sondaggi, l'ipotetico grande centro ha cominciato a svuotarsi, uno alla volta tutti i grandi sponsor hanno fatto un passo indietro, come a dire: questa storia puzza di sconfitta annunciata. E qui è avvenuta la metamorfosi. Quelli eleganti, quelli sobri, quelli che ostentavano in pubblico un self control hanno cominciato a parlare un'altra lingua. Toni gravi, musi lunghi, ammiccamenti, «ci siamo capiti» e tutti quei mezzi silenzi che sanno di ricatto e minaccia.
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