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Long Covid, la Regione lancia la rete degli ambulatori e il censimento dei pazienti

Troppi i casi di malattia sommersi, si punta a riaprire i centri e a formare i medici di base

Long Covid, la Regione lancia la rete degli ambulatori e il censimento dei pazienti
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Un tavolo di lavoro sul Long Covid: è il progetto che l'assessorato al Welfare di Regione Lombaria sta portando avanti per il 2026. Si parte dalla constatazione che, con la fine della pandemia, gli ambulatori multidisciplinari che erano stati aperti per studiare il fenomeno del Long Covid sono stati chiusi, ma la malattia non è scomparsa, anzi. «Il Long Covid è una malattia complessa - spiega Paolo Bonfanti, primario di Malattie Infettive alla Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza e ordinario in Malattie Infettive e Tropicali alla Bicocca - non dà solo aggravamenti respiratori, ma anche complicazioni neurologiche, perdita di memoria e stanchezza cronica, quindi bisogna mettere insieme più specialisti che se ne occupano per diagnosticarlo e curarlo».

Con la chiusura degli ambulatori dedicati si è anche perso un osservatorio su quanto il Long Covid sia diffuso in Lombardia: succede che il paziente giovane sviluppi una perdita di memoria e che spesso venga indirizzato dal neurologo, il quale però non ha consapevolezza che questo sintomo possa essere uno degli effetti del Long Covid. A insospettire i virologi un aumento delle visite neurologiche tra giovani.

Come si fa a capire che siamo davanti a un Long Covid? «Ci deve essere una relazione abbastanza precisa con la malattia, e poi bisogna fare dei test. Per questo è importante che ci siano centri specializzati» spiega Bonfanti. Due gli aspetti macroscopici che consentono di diagnosticare la malattia, soprattutto nei giovani: l'aspetto neurocognitivo, ovvero cali della concentrazione o deficit di memoria, tant'è vero che il tavolo di lavoro regionale introdurrà come criterio di valutazione, l'interferenza dei sintomi sulle attività quotidiane. Per esempio tutti i casi in cui una persona non riesce più a riprendere a lavorare come prima oppure a compiere atti quotidiani, e la stanchezza cronica, più difficile da studiare.

«Il lavoro che stiamo facendo è articolato: punta da un lato a coinvolgere i medici di assistenza primaria che facciano da filtro - spiega il virologo - e poi ricostruire una rete di centri di secondo livello per la valutazione della patologia». I medici di base dovranno essere formati per poter iniziare nella prossima primavera. Attualmente sono quattro i centri di riferimento: l'ambulatorio all'ospedale Sacco, quello al San Gerardo di Monza, al San Paolo e al San Matteo di Pavia: si partirà da qui per potenziare l'attività e creare una rete dal momento che si sospetta che ci siano molti casi di Long Covid sommersi. Il tavolo di lavoro si concentrerà a individuare i casi nascosti, grazie per esempio, a dati incrociati, come l'aumento delle visite neurologiche tra pazienti giovani, e in parallelo a fare un censimento in questo momento delle strutture ancora aperte e attive e della disponibilità a riaprirle.

Per Bonfanti «sarebbe importante ricostituire un network di banche dati

anche a livello europeo per sperimentare interventi terapeutici - spiega-: perché il vero problema è che farmaci ad hoc non ce ne sono, al momento si possono solo attenuare i singoli sintomi e fare tanta riabilitazione».

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