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Il M5S mette il veto, ma il Pd non vuole rinunciare ai centristi

In casa M5S non vogliono più alleanze col Terzo Polo. Ma dentro il Pd nessuno vuole rinunciare al voto dei centristi

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“Mai più con Renzi e Conte”. In casa M5S, alla luce del risultato in Abruzzo, cresce la convinzione che il campo largo non possa comprendere proprio tutti e che l’incompatibilità con i due leader del fu Terzo Polo sia tale da non consentire alleanze in futuro.

D’altro canto lo stesso Giuseppe Conte, durante la campagna elettorale abruzzese, ha più volte tentato di nascondere o di fingere di non sapere che Italia Viva e Azione rientravano nel campo larghissimo che sosteneva l’ex rettore di Teramo, Luciano D’Amico. L’imbarazzo era più forte della verità. E, se anche i flussi elettorali dimostrano che i grillini non votano una coalizione dove ci sono anche i centristi (e viceversa), per il Pd sorge subito un problema: chi e come si copre il fronte moderato del centrosinistra? Un problema per nulla irrilevante se è vero, come ha fatto notare Stefano Bonaccini, che i voti dei Cinquestelle al Nord non bastano e che senza i centristi non si vince. Anche Pier Luigi Bersani, intervenendo a Di Martedì, ha ammesso che “manca il fronte liberale”. La cerchia più vicina alla segretaria Elly Schlein assicura: “Il Pd copre il versante moderato. Alle Europee candideremo Giorgio Gori…”, ma non tutti abbracciano questa visione. “Occorre generosità, a maggior ragione, da parte di chi ha avuto quello che è stato riconosciuto come un risultato modesto”, dicono alcuni parlamentari riformisti che preferiscono restare anonimi e secondo i quali “bisogna cercare punti di unione e sintesi invece di mettere i veti”. Il Pd non è autosufficiente ma senza Pd nessuno può costruire un’alternativa, spiegano convinti che “senza centro e rappresentanza dell’elettorato moderato non si può costruire alternativa”.

La deputata Paola De Micheli, interpellata da ilGiornale.it, non ha dubbi: “Dopo le Europee si chiariranno anche i veri rapporti di forza per Regioni molto grandi che vanno al voto nel 2025, anche perché Conte, per ora, non sembra orientato ad un matrimonio a prescindere dal volere del Pd”. Secondo la senatrice Valeria Valente la palla è nelle mani del Pd che deve essere “il pilastro della coalizione” e “polo attrattivo sia nei confronti della sinistra che del centro”. Anche Piero De Luca intravede per il Pd un ruolo da protagonista: “In linea con la sua vocazione originaria, il nostro partito deve ambire ad una vocazione maggioritaria per rappresentare il mondo progressista, socialista, cattolico e moderato. Poi – aggiunge il deputato dem - è necessario continuare ad insistere per la costruzione di un campo di alleanze senza veti, ma rilanciando la condivisione sui temi, contenuti e programmi concreti”. Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo anche Matteo Orfini: “Siamo testardamente unitari, quindi non possiamo inseguire veti e controveti. Abbiamo il dovere di cercare di unire”. Con buona pace dei Cinquestelle, insomma, il Pd sembra non voler escludere nessuno dal fantomatico campo largo. “Lo spazio per operazioni terze non c’è contro questa destra.

Il tema è la direzione di marcia”, sottolinea il deputato dem Arturo Scotto che predica “l’unità delle opposizioni e un programma socialmente decifrabile perché il problema di questo paese è la lotta alle diseguaglianze”.

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