Le prospettive in ambito tecnologico cambiano, puntando a vere e proprie appendici meccaniche del nostro corpo, perfettamente in sintonia con l'anatomia umana, in grado di regalarci «poteri straordinari».
L'ultimo passo verso questa tecnologia «da indossare» è il Galaxy Gear, lo smartwatch in grado di fare telefonate, navigare in rete e gestire le caselle email che la Samsung, secondo i rumors, presenterà il prossimo 4 settembre, in concomitanza con la fiera tech Ifa, che inizia due giorni dopo a Berlino. Del resto il vicepresidente Lee Young Hee aveva confermato la volontà di volere investire il più possibile per garantire l'uscita di uno smartwatch di firma sudcoreana.
E questa presentazione ufficiale batterà sul tempo i concorrenti di Apple, che nei giorni scorsi hanno brevettato, in dodici Paesi, iWatch, l'orologio «indossabile»: un oggetto per molti aspetti ancora «misterioso», assimilabile a uno smartphone, con cui non sarà possibile fare telefonate, ma si potrà «avvitare» al polso e utilizzare, tra le altre cose, come lettore mp3, A-GPS, accelerometro.
L'azienda di Cupertino lo ha inserito tra i suoi «progetti speciali», però un'idea più precisa si avrà solo nel 2014, quando iWatch vedrà la luce a livello commerciale.
È anche con questa prospettiva imprenditoriale avanguardistica - concernente dispositivi hitech che potrebbero rivoluzionare il nostro futuro e garantire servizi fino a oggi impensabili - che si spiega il funambolico passaggio dell'ex amministratore delegato della casa di moda Yves Saint Laurent, Paul Deneve, alla Apple. Le acque si stanno muovendo, e in molti si chiedono quale sarà l'accattivante design del nuovo prodotto targato Apple, e che ruolo avrà nel suo sviluppo Deneve. Benché l'idea di uno smartwach non sia una prerogativa esclusiva di Apple né di Samsung.
Nell'ambito della corsa a futuribili strumenti «a portata di polso» sta, infatti, tentando di raggiungere lo stesso obiettivo anche Google: dell'orologio intelligente firmato dall'azienda di Mountain View ha dato notizia recentemente il Financial Times.
Non è quindi un caso se numerosi scienziati hanno iniziato a parlare di «umanizzazione della tecnologia», benché i primi modelli di prodotti hitech indossabili risalgano a più di dieci anni fa: la tuta da techno surfer della collezione di wearables realizzata da Philips design (con ski-pass elettronico e collegamenti radio incorporati nell'indumento), per esempio, è degli anni Novanta. Ma il futuro batte cassa.
E già si pensa a chip, fibre ottiche e microelaboratori intessuti insieme ai fili di abiti, scarpe, giacche e sciarpe. O a guanti «ultrasensibili» che consentiranno infinite applicazioni, in primis la possibilità di rimanere costantemente connessi alla Rete. Proprio in Italia, due anni fa, sono stati approntati i primi transistor miniaturizzati al punto da essere inseriti in un filo di cotone, considerato un «dispositivo elettronico a tutti gli effetti».
Mary Meeker, fra i principali analisti finanziari in campo digitale, ha le idee fin troppo chiare a proposito: i device basati sulla tecnologia indossabile sono ormai prossimi a una fortissima espansione; Juniper Research sostiene che nel 2017 ne saranno venduti 70 milioni.
Ci accontentiamo, intanto, di sapere che numerosi prodotti hitech indossabili sono già una realtà consolidata del mercato (soprattutto in ambito sportivo): dalla sciarpa di France Telecom che consente di videotelefonare e connettersi a internet alla maglietta Outwet Protego che rilascia integratori minerali sulla la pelle durante l'attività fisica, dalle giacche in kevlar che proteggono dai proiettili alle scarpe che rilevano scatti e velocità media. Molti altri prodotti, dalle branchie artificiali all'occhio bionico, saranno realtà a breve.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.