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Mangi a volontà e a prezzo fisso Ecco la nuova legge della tavola

Mangi a volontà e a prezzo fisso Ecco la nuova legge della tavola

RomaA qualcuno piace tanto. E a prezzo fisso. Si chiama Ayce il nuovo fenomeno della ristorazione internazionale, e dietro questa sigla - agli americani gli acronomi mettono pure appetito - si nasconde la formula All You Can Eat. Vale a dire: mangia quanto puoi. Nascono come funghi (naturalmente commestibili) le insegne che propongono questa formula: prezzo stabilito e piatto da riempire a volontà, anche più volte. Praticamente il paese dei balocchi.
Una recente ricerca condotta da Smart Research e presentata alla Fiera di Rimini nel corso di Sapore, il salone internazionale dedicato al food&beverage extradomestico, fa sapere che agli italiani il «mangia-a-volontà» piace eccome. Il 48 per cento degli intervistati trova la formula Ayce coerente con il proprio modo di intendere l’alimentazione. L’88 per cento di coloro che sono stati almeno una volta in un ristorante che adotta la formula Ayce si dice soddisfatto dell’esperienza, anche dal punto di vista qualitativo e il 73 assicura che ci tornerà. Il 95 per cento ha trovato il locale conveniente (e ci mancherebbe altro) e il 55 per cento trova che l’Ayce sia compatibile addirittura con la nostra tradizione culinaria, anche se va detto che al momento la maggior parte dei locali di questo tipo sono etnici.
Insomma: gli italiani - o almeno molti di essi - quando vanno a mangiare fuori pensano prima al portafogli e alla pancia che alla bilancia o alla qualità. E non è un caso che questa tipologia di ristoranti si stia diffondendo in Italia nel pieno della più grave crisi economica del dopoguerra. Ma ci sono anche altre chiavi di lettura, un po’ meno immediate. Ad esempio, un rifiuto da parte di una certa clientela del ristorante d’alto bordo, da vivere come esperienza sensoriale, ma dal quale ti alzi con il conto corrente più leggero e spesso anche con un po’ di languorino da porzioni omeopatiche. Ancora: una ennesima manifestazione della filosofia no frills (niente fronzoli) che è alla base di molte delle nostre scelte di consumatori, riassumibili nel concetto di low cost: dalle compagnie aeree all’arredamento è vincente (e fa perfino figo) badare all’essenziale, puntando su una qualità accettabile al giusto prezzo anche nel caso di consumi non primari. Con questa formula è possibile continuare a godere di qualche lusso (andare a cena fuori, viaggiare, fare sport).
I locali All You Can Eat sono anche a loro modo istruttivi. Ad esempio alcuni di loro insegnano i piaceri della sobrietà più di un consiglio dei ministri guidato da Mario Monti: alcuni usano penalizzare gli arraffatori prevedendo un fee supplementare per chi lascia il cibo nei piatti. Altri più semplicemente non consentono un nuovo giro al buffet se non si è finito il cibo già preso. Apparentemente un’istigazione al quinto palmento, in realtà un’occasione per riflettere sulla moderazione, servendosi a misura del proprio appetito. Per guidare i Pantagruel 2.0 alla scoperta del meraviglioso mondo dell’All You Can Eat è attivo anche un sito internet (www.ayce.it) che segnala e recensisce simili insegne. Il curatore è Alberto Rubinelli, autore in proprio di molte schede. Ecco come elenca il menu di un pranzo no limits in un locale italo-sino-thai-brasiliano di viale Teodorico, a Milano: «Un piattone di antipasti italiani misti, con salame, prosciutto cotto e crudo, pancetta, grana, gorgonzola; due piatti di sushi, più uno di sashimi; un piatto di antipasti misti cinesi e italiani, roastbeef, polipo in insalata, nervetti, mozzarella; un piatto di primi cinesi, pasta, riso, ravioli; due piatti di sashimi; un piatto di carni varie; churrasco all’italiana, primo giro con anatra e salsiccia; due piatti di sushi; un piatto con carni varie cinesi, pollo, maiale, gamberetti, polpettina; secondo giro di churrasco, con manzo; ultimo giro di sushi, nighiri di salmone e di gambero; un piatto di dolci vari, torte, biscotti; una scodella di macedonia; caffè». Tutto a 15,90 euro.

Digestivo escluso.

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