La satira ha un ruolo fondamentale nella democrazia ma ha anche dei limiti che non possono essere travaricati, perché poi diventa altro. Ed è quanto accaduto a Bolzano, come denunciato dall’onorevole Alessandro Urzì, coordinatore regionale di Fratelli D’Italia del Trentino Alto-Adige. "Sulla vetrina di un negozio di attrezzature sportive di Bolzano, trasformato dal titolare in un mini 'centro sociale' tappezzato di simboli anarchici e manifesti contro i decreti sicurezza del governo, è stato esposto un manifesto che ritrae Giorgia Meloni con le fattezze di Adolf Hitler. Il fotomontaggio, ennesimo segno di un insopportabile imbarbarimento culturale, è stato affisso proprio all’ingresso dei frequentatissimi mercatini di Natale", ha denunciato Urzì.
"Una messa in scena di cattivissimo gusto è segno di fanatismo ideologico contro il Premier. I manifesti sono stati strappati a seguito della protesta di cittadini. Contro queste infamie va dichiarata tolleranza zero", ha concluso Urzì. Bisogna partire dal presupposto che ognuno organizza il proprio negozio come preferisce nel pieno della libertà di espressione e per assecondare i gusti e gli orientamenti dei clienti, pertanto se il titolare ha ritenuto opportuno utilizzare simboli anarchici sulle sue vetrine o tappezzare il negozio con manifesti contro il governo nessuno può sindacare sulle sue decisioni. Ma nel momento in cui si oltrepassa il limite dell'offesa e dell'insulto, tutto cambia.
Urzì parla di "imbarbarimento culturale" e si riferisce probabilmente alla deriva assunta dal dissenso negli ultimi decenni, a meno che il modello a cui ambire, per certi ambienti, non sia quello della sinistra extraparlamentare degli anni Settanta e Ottanta. Il problema centrale resta il confine, sottile ma invalicabile, che separa il diritto alla critica politica dal vilipendio e dalla gratuita denigrazione delle istituzioni. Se la satira ha il compito di sferzare il potere attraverso l'ironia e l'iperbole, l'accostamento della figura del presidente del Consiglio a un dittatore responsabile dei capitoli più bui della storia europea non sembra avere alcuna velleità artistica o comunicativa, scivolando pericolosamente nell'aggressione verbale.
Quando il dissenso smette di argomentare e inizia a insultare attraverso la deformazione della realtà, perde la sua funzione di stimolo democratico per diventare semplice strumento di odio ideologico. In un contesto già polarizzato, il rischio è che questi episodi non restino casi isolati, ma contribuiscano a una progressiva legittimazione della violenza simbolica come forma di partecipazione politica.