Il memoriale/3

di Primavera '93. Nei lunghi corridoi dechirichiani della Procura di Milano incrocio il capo del Pool Gerardo D'Ambrosio. Lui mi concede al volo un'intervista clamorosa: «Mani pulite è finita». Peccato che in quelle settimane Tiziana Parenti stia indagando sul cosiddetto fronte orientale di Tangentopoli. Impresa difficilissima, fra reticenze, silenzi, difese d'ufficio. Botteghe oscure resiste all'assalto dei pm milanesi. Qualche giorno dopo la Parenti, sempre più emarginata e destinata ad uscire da quel gruppo, me lo dirà apertamente: «La sua intervista mi ha delegittimato. Ho capito che non sarei andata da nessuna parte».
Sono passati vent'anni, il Pci-Pds è passato indenne, o quasi, attraverso le forche caudine della magistratura di rito ambrosiano e ha assaporato il potere, salvo poi farselo portare via da un certo Silvio Berlusconi e avviarsi a recuperarlo, giusto l'altro ieri e cambiato ancora il nome, con l'estromissione del Cavaliere dal Senato. La battaglia politico-giudiziaria va avanti intrecciata e confusa. E proprio di quella stagione gloriosa e terribile, ancora oggi controversa, parla Sergio d'Angelo nella terza puntata del memoriale scritto in esclusiva per il Giornale. D'Angelo, che per molti anni è stato fra i membri di Magistratura democratica e Milano e ora è in pensione, lo sguardo critico e anche di più sullo specchietto retrovisore del suo passato, si sofferma proprio su quel periodo e fa scorrere le facce dei magistrati che, fra avvisi di garanzia e tintinnar di manette, hanno scritto un pezzo della nostra storia. Per D'Angelo è proprio in quei mesi che si realizza il matrimonio fra Md, insomma la costola sempre inquieta della sinistra in toga, e gli eredi del Partito comunista. Un partito senza ideologia, smarritosi sotto le macerie del Muro di Berlino, sposa un'ideologia senza partito, quella dei giudici che dagli anni Sessanta hanno elaborato una loro strategia per cambiare i rapporti di forza dentro il potere giudiziario e poi per entrare nei Palazzi della nomenklatura. La lunga marcia di Md, fra bandiere rosse pugni chiusi, si compie secondo d'Angelo, con «l'occupazione» del partito.

Contemporaneamente, e se ne parlerà nella parte conclusiva del saggio, l'ideologia forte delle toghe forti -gli iconoclasti per usare un termine allora in voga - inizia a contaminare tutta la magistratura. Compatta conservatori e progressisti. E troverà la sua declinazione, quasi la sua colonna sonora, nell'antiberlusconismo. Fino all'epilogo drammatico di queste ore.

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