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"Minacciati da un clima di terrore". Il delirio senza fine dei collettivi studenteschi

Bombe carta, tentativi di censura violenta, solidarietà ai movimenti anarchici. Ma i collettivi studenteschi accusano governo, polizia e stampa

"Minacciati da un clima di terrore". Il delirio senza fine dei collettivi studenteschi

I collettivi studenteschi sono tornati in agitazione in questi giorni per supportare la lotta anarchica in sostegno di Alfredo Cospito, contro il 41-bis e l'ergastolo ostativo. Giovedì sera, ancora una volta, è stata occupata la facoltà di Lettere dell'università La Sapienza, simbolo politico di un movimento che tende ad abbracciare i capisaldi più estremi contro la democrazia e l'ordine costituito. Se ne era avuto un assaggio alcuni mesi fa quando, sempre nella facoltà di Lettere dell'ateneo romano, i collettivi tentarono di irrompere all'interno per fermare un seminario che prevedeva la presenza di Daniele Capezzone, giornalista ed ex portavoce di Forza Italia, e Fabio Roscani, deputato di Fratelli d’Italia, al grido di "fuori i fascisti da La Sapienza". Ed è solo uno degli esempi più recenti, perché la storia delle università e degli atenei italiani è costellata di tentativi di bavaglio nel nome di un millantato antifascismo. Specialmente a La Sapienza.

Quella dei collettivi studenteschi rossi è una narrativa ideologica e pretestuosa, senza aderenza alla realtà, dalla quale sfugge per costruire un racconto utile a sobillare l'opinione pubblica per il proselitismo. Se n'è avuta dimostrazione nelle ultime ore, quando gli studenti de La Sapienza hanno preso il microfono per rivendicare l'occupazione della facoltà di Lettere come atto dovuto a fronte di un pericolo esterno. "Siamo minacciati da un clima di terrore e paura. Per questo ci siamo ripresi la facoltà di lettere", delirano i giovani rivoluzionari wannabe che giocano con qualcosa di evidentemente più grande di loro. Quindi, nella loro narrazione irrealistica, proseguono: "Va detto che la non decisione di trasferimento in una struttura attrezzata e adeguata di Alfredo Cospito si accompagna a un clima poliziesco e repressivo, sostenuto dai media di questo Paese che parlano di minaccia anarchica".

Sarebbero loro quello quelli minacciati. Nel frattempo, nel mondo reale, ci sono gli attentati contro l'Italia presso le strutture diplomatiche all'estero e le minacce esplicite contro i rappresentanti dello Stato. E c'è il manifesto la lista degli "assassini di Alfredo Cospito", esposta sui muri de La Sapienza, che arriva dopo la minaccia di morte di un anarchico a quelle stesse persone indicate nel manifesto.

Ed evidentemente a loro avviso non è una minaccia alla libertà nemmeno il tentativo di censurare un seminario in un'università pubblica, come loro stessi hanno tentato di fare, solo perché non in linea con le loro idee, ma rappresenta una forma di repressione l'intervento della polizia in tutela della libertà di parola. Questa è la narrazione distorta che viene avanzata dai collettivi studenteschi, il più delle volte alimentati da giovanissimi sobillati che vengono mandati avanti come arieti dalle vere menti delle organizzazioni. Lo dimostrano le dichiarazioni irreali di un 19enne in tv che, senza remore, ha dato dell'assassino al presidente della Repubblica e si è innervosito quando Myrta Merlino ha cercato di riportarlo al buon senso, reiterando la sua accusa.

Come dimenticare le bombe carta lanciate contro l'aula magna dell'università della Sapienza nel 2013, al cui interno erano presenti ministri del governo di Enrico Letta. "Parlano di ambiente e poi fanno la Tav sottraendo risorse anche a noi", dicevano all'epoca gli studenti, lamentandosi delle cariche della polizia sui "poveri compagni" a seguito del lancio delle bombe carta. E ancora, pochi mesi dopo, ecco che veniva interrotto un seminario con la presenza del ministro Fedeli, sempre presso la facoltà di Lettere, al grido di "fuori i padroni dalle università". Anche in questo caso, un tentativo di bavaglio violento, con lancio di fumogeni, interrotto dalla polizia, ancora una volta messa sotto accusa per aver fatto il suo dovere. Ma gli esempi potrebbero andare ancora avanti, a dimostrazione dell'irrealtà vissuta dai collettivi studenteschi, in costante lotta contro l'ordine costituito.

Un costante refrain di qualcosa già visto, purtroppo, in Italia.

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