«Mio padre era un dirigente Ma io sognavo le caprette»

«Mio padre era un dirigente Ma io sognavo le caprette»

In lui c’è tutta la convinzione di fare il «pastore professionista». Errante con gli amici quadrupedi che brucano l’erba delle colline del Prosecco, quella di Cortina, fino ad arrampicarsi sulle Tre Cime di Lavaredo non si sente mai solo. Con lui molte volte ci va anche la fidanzata una modella, a riprova che fare il pastore piace. «Da piccolo vedevo i pastori passare. Sono rimasto incantato. Ho molti progetti da realizzare, sto facendo un caseificio tutto mio così potrò produrre il formaggio. E poi, d ove lo trovo un altro lavoro che mi permetta di vivere in modo così libero?».
Giuseppe Stocchi ha 28 anni, una carriera inventata tra la transumanza e prodotti d’eccellenza. «Quando l’ho detto ai miei genitori, sono rimasti un po’ sorpresi. Per me sognavano un altro lavoro, diverso dal loro, pastori e figli di pastori. A scuola promettevo bene, al liceo classico avevo ottimi voti, all’università mi ero iscritto a fisioterapia. Poi però, all’ultimo anno è scattato in me qualcosa. Sentivo che il mio posto era in quelle valli, all’aria aperta, nella mia terra».
Dal 2008 conduce una grande azienda di pecore a Leonessa in provincia di Rieti. Possiede ben 1.500 pecore. «Oggi è tutto diverso, i pastori non sono più ignoranti, scelgono questo mestiere perché ci credono». Insieme alla sua famiglia dal 1940 produce un gustosissimo pecorino. Tutto secondo antichissimi metodi usati dai pastori e tramandati di generazione in generazione. Le sue pecore fanno ancora la transumanza secondo l’antica tradizione e mangiano erba dei pascoli e foraggio biologico. «Con l’esperienza della mia famiglia, unita ad una mentalità più moderna, ho potuto sviluppare una azienda davvero competitiva». Giuseppe ha le idee chiare, anche in fatto di concorrenza. «Temo solo quella sleale, soprattutto quella dell’est Europa. Spacciano i loro prodotti come made in Italy».
Simone Cualbu è un allevatore di Gavoi, in provincia di Nuoro. Ha 35 anni e ha ereditato l’attività dai suoi genitori. «Da generazioni ci tramandiamo questa attività. Ma è sempre più difficile». Simone ha 300 capi, tra capre e pecore, ha scelto la transumanza, come il fratello che si è unito a lui con altri 300 esemplari. «Insieme siamo più forti. I costi sono sempre più alti, ci dobbiamo difendere puntando sui prodotti d’eccezione. Io ad esempio ho smesso di vendere il latte. Non ne vale la pena. Per ogni litro mi danno 75 centesimi, una miseria, se si pensa che a me costa più di un euro al litro. E come si fa? E allora punto sul pecorino, il fiocco sardo. Delicatissimo. Il nostro fiore all’occhiello, questo formaggio prodotto esclusivamente con latte crudo di pecore allevate al pascolo, viene affumicato e portato a stagionare nelle cantine di Gavoi. Un prodotto che ci ha dato grandi soddisfazioni visto che è stato riconosciuto come prodotto Dop».


Un lavoro che ha anche molti sacrifici, come spiega Simone: «Con questo lavoro non esistono festivi. Ma a me piace tantissimo quello che faccio. Ci vuole passione. E i sacrifici, in fondo, si dimenticano in fretta»
MAl

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