La stanza di Feltri

La "morale" di Conte vale solo per gli altri

La gente parla di morale quando non ha nulla da comunicare né da insegnare

La "morale" di Conte vale solo per gli altri

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La "morale" di Conte vale solo per gli altri

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Gentile Direttore Feltri,
qualche settimana fa il leader dei grillini Giuseppe Conte aveva scritto una lettera a Giorgia Meloni pubblicata su Repubblica in cui chiedeva alla stessa di intervenire e costringere alle dimissioni Andrea Delmastro, Daniela Santanchè, Vittorio Sgarbi, per risolvere quella che Conte definisce «questione morale» all'interno del partito Fratelli d'Italia. Oggi, lunedì 8 gennaio, in un'intervista per La Stampa, l'ex primo ministro ribadisce questa posizione e incalza Meloni accusandola non solo di dire balle sulla crescita ma anche di trascurare questa benedettissima questione morale. Cosa diavolo è la questione morale? A noi non interessa che i politici siano morali secondo i parametri di Conte ma che siano efficienti e capaci. Lei cosa ne pensa?
Ignazio De Girolamo

Caro Ignazio,
la gente parla di morale quando non ha nulla da comunicare né da insegnare. Quindi non mi meraviglio che lo faccia Giuseppe Conte. Trovo addirittura divertente, tanto per cominciare, che Conte tacci Meloni di avere approfondito il debito pubblico. È stato proprio lui a creare una voragine nelle casse statali e a lungo pagheremo i danni prodotti dalle sue politiche, da misure non lungimiranti, da provvedimenti scritti male e irrimediabilmente dannosi, penso al super bonus, penso anche al reddito di cittadinanza concesso a chiunque, persino a chi aveva la Ferrari in garage. Per quanto riguarda i dati sulla crescita, è stato l'Istat a certificarli, non Meloni. L'Istat dice cazzate? E poi vengo al punto che sollevi, sul quale insomma mi domandi una opinione: la questione morale. Termine vago, tanto caro al capo dei Cinquestelle, che da sempre ama presentarsi quale soggetto che può dare il buon esempio, irreprensibile, dotato di elevato senso delle istituzioni nonché di senso di responsabilità. Conte tende a porsi diversi gradini sopra gli altri e perciò mostra una particolare propensione a ciarlare di moralità, quella di cui solo lui sarebbe fornito e tutti gli altri sprovvisti.

Da mesi Conte insiste: Meloni deve chiedere le dimissioni di alcuni dei suoi, di cui egli ha steso l'elenco, si va da Delmastro a Santanchè passando per Sgarbi, adesso tira in ballo anche Matteo Salvini e sostiene che il partito Fratelli d'Italia abbia una struttura familistica, un po' come la 'ndrangheta, insomma, e che sia per questo motivo che Meloni protegge i suoi e non li obbliga a mollare i rispettivi incarichi. Ma non mi risulta che Santanchè o Delmastro o Sgarbi o Salvini siano imparentati con Giorgia.

Conte dimentica che le dimissioni non si chiedono, ma si danno. Ed egli stesso, come molti dei suoi, non le ha date, pure quando i motivi per farlo di sicuro non mancavano. Mi riferisco anche alle ex sindache grilline Chiara Appendino e Virginia Raggi, allorché erano indagate. Appendino fu anche condannata eppure Conte non pretese le sue dimissioni. Eppure oggi Conte vorrebbe che Meloni spedisse a casa ministri e segretari in assenza di condanna, invocando per l'appunto una «questione morale». Più che di «questione morale» sarebbe opportuno discutere di «doppia morale», quella di Conte, giustizialista con i fratelli d'Italia e garantista con i grillini.

Conte, in nome di quel senso delle istituzioni che proclama, avrebbe dovuto dimettersi, ad esempio, quando la sua maggioranza era venuta meno ed egli, anziché prenderne atto, con l'affanno cercava in Parlamento i voti responsabili che lo salvassero. Oppure avrebbe dovuto dimettersi quando è stato indagato a Bergamo per epidemia colposa e per plurimo omicidio colposo, per il ritardo nell'istituzione della zona rossa nella Bergamasca. Forse questi non erano reati tanto gravi da comportare le dimissioni? Accuse, peraltro, poi formalizzate dalla procura, anche se non accolte dal tribunale dei ministri, accuse rispetto alle quali quelle mosse a Delmastro, Santanchè e Sgarbi paiono ridicole, robetta.

Ci risiamo, quindi. La morale vale sempre per gli altri e mai per Conte medesimo.

Vorrei sapere da Conte se pretendere le dimissioni di un politico prima ancora che una sentenza accerti le sue colpe sia comportamento davvero morale? A me non risulta.

«Morale» è aggettivo che a Conte piace tanto, tanto da abusarne.

Ma a me sembra che egli non ne conosca affatto il significato.

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