Senza voler minimamente mancare di riguardo a Marco Morelli, da un po' di mesi e forse un anno è ormai chiaro che fare il banchiere d'affari in Italia è una iattura. Ma andiamo per ordine. Morelli è appena diventato il superboss di Merrill Lynch-Bank of America in Italia. Riprendendo a fare il suo vero mestiere, che è appunto il banchiere d'affari. Solo un paio di settimane fa era infatti avvenuto ciò che per tutti era chiaro, ma che Intesa Sanpaolo continuava a smentire con decisione: e cioè che il nuovo consigliere delegato della banca, Cucchiani, e il suo numero due, Morelli appunto, proprio non andavano d'accordo. Morelli viene giubilato (sì sì in finanza non si dice mai così e tutti ipocritamente si lasciano a baci e abbracci) e dopo poco trova un buen retiro nell'ufficio di fronte, ma con la targhetta americana. Il posto era vacante visto che il numero uno Luigi Gubitosi ha lasciato per fare il direttore generale della Rai, ficcandosi in un gran pasticcio (lavorativo, si intende) e per di più a un terzo dello stipendio. Maurizio Tamagnini, forse l'ultimo boss di una Merrill lynch in forma, la mollò per guidare il fondo strategico della Cdp. Dopo Tamagnini fu contattato Andrea Pellegrini, suo vecchio socio in banca, che ha preferito la sua Nomura. Insomma quella che un tempo era considerata la Ferrari dell'investment banking in Italia, oggi è molto meno glamour. Andrea Orcel l'ha mollatta per Ubs, e il giorno dopo con lui sono svaniti anche i cicciotti mandati del Santander e le relazioni con numerose superbanche europee. In bocca al lupo a Morelli: deve rispolverare un marchio oggi in disuso.
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Intercettazione estiva tra due banker: «Ma che farà secondo te, Greco a Trieste». «Basta vedere cosa ha fatto in Ras» risponde l'altro, «per prima cosa capirà bene come mettere da parte Agrusti, d'altronde a Trieste ha già il suo uomo di fiducia. Poi si sbarazzerà di quel gran casino dei marchi assicurativi. Troppo sigle e famiglie, sotto lo stesso tetto.
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