È morto Staglieno Fu tra i fondatori del «Giornale» e vice al Senato

È morto Staglieno Fu tra i fondatori del «Giornale» e vice al Senato

diC on Marcello Staglieno, morto ieri a soli 75 anni nella sua casa di Milano dopo una dolorosa malattia, è scomparso non solo uno dei cinquanta fondatori storici de il Giornale, ma anche uno dei colleghi che per lungo tempo più vicino a Indro Montanelli. Collaborò con lui nella stesura di numerosi libri, e ne fece addirittura due biografie, basate sulla sua lunga frequentazione con il direttore: «Montanelli, 90 anni controcorrente» e, più recentemente, «Montanelli, le passioni di un anarco-conservatore». Non contento, curò nel 78 e nel 79 la raccolta in volume dei famosi «Controcorrente» che apparivano quotidianamente in prima pagina e l'anno successivo raccontò in un altro libro, Il Giornale 1974-80, la nascita e i primi, difficilissimi anni del nostro quotidiano. Era allora responsabile e inviato per la cultura ed io lo conobbi in questa veste, quando venne ad intervistarmi dopo il mio licenziamento, per contrasti politici, dalla direzione di Epoca.
Ma Staglieno, rampollo di una grande famiglia genovese e nipote di un famoso storico suo omonimo, non era soltanto un giornalista. Era un intellettuale e scrittore raffinato, autore di una trentina di volumi di vari argomenti, ma (con l'eccezione di qualche romanzo) sempre ispirati dalla sua cultura di grande conservatore. Tra le sue opere più importanti, vale la pena di ricordare le biografie di Leo Longanesi e di Giovanni Ansaldo, un saggio dedicato ad «Arnaldo e Benito, due fratelli» e, alla fine della carriera, un importante analisi dell'opera di Gianfranco Miglio definito «pensatore scomodo e geniale». Uomo brillante e salottiero, che sapeva intrattenere con eguale cortesia uomini e donne e spesso si compiaceva del suo anticonformismo, Marcello Staglieno si è anche conquistato, al fianco della moglie Monica Amari, un posto nella società milanese.
Nel 1992 Staglieno lasciò il Giornale per tentare la strada della politica: fu eletto una prima volta senatore nella Lega Nord e - rieletto - due anni dopo arrivò a essere vicepresidente della Camera Alta. Ma, fedele com'era alle sue idee, quando alla fine del 1994 Bossi provocò il ribaltone, se ne uscì dal Carroccio e si rifugiò nel gruppo misto. Lasciato Palazzo Madama, si cimentò per due anni, dal 1998 al 2000, nella direzione del Secolo d'Italia, trasformatosi da organo del Msi nel giornale di An, ma neanche qui trovò ciò che cercava.

Aveva un'idea precisa dell'Italia che voleva, e quando si rese conto di quanto fosse difficile realizzarla ritornò ai suoi libri, ai suoi studi e al suo appartamento milanese rigurgitante di libri. Da tempo, sapeva che la sua sorte era segnata, ma l'ha affrontata con grande dignità, quasi con spirito, arrivando a scrivere - dicono - il suo epitaffio.

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