Cinque miliardi e passa per salvare Venezia sarebbero anche soldi ben spesi. Cinque miliardi e seicento milioni, a voler essere precisi, sono una somma enorme su cui la magistratura ha da tempo avviato inchieste e fatto scattare pure delle manette eccellenti.
Ma quando ieri pomeriggio, poco dopo le 15, dalla bocca di porto del Lido è sbucata, spinta dall'aria compressa, la prima paratoia gialla, la numero 7 (su un totale di 78), tutti i presenti, dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, al governatore del Veneto, Luca Zaia, hanno pensato che il Mose stava uscendo dal libro dei sogni per entrare, gradualmente, per carità, nell'elenco delle nuove infrastrutture invocate da decenni.
Al ministro Lupi, reduce dalle battaglie di partito, l'inaugurazione tra le polemiche delle prime quattro paratoie è parsa una passeggiata di salute. E pazienza se, come sempre, anche in questa occasione sono saltati fuori i soliti comitati del No.
«L'obiettivo tassativo è il completamento dell'opera entro il 2016 - attacca Lupi -. Nella prossima legge di stabilità ci saranno le risorse per continuare i lavori: reintegreremo i 120 milioni di euro che ogni anno vengono stanziati per la salvaguardia di Venezia e ci saranno anche le risorse che servono per portare a termine la realizzazione».
Musica per le orecchie di Zaia e del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che hanno messo in un angolo le divisioni partitiche per guardare al futuro.
«Questo primo passo - dice il governatore - è da considerarsi una pietra miliare. È un progetto che non ha significato solo sul piano ingegneristico, ma che dà lavoro a circa 4 mila persone e che può definirsi un volano per l'economia veneta».
«Per Venezia è un momento di svolta - aggiunge il sindaco -. Quest'opera cambierà in modo molto radicale il modo di approcciarsi alla città e alla sua laguna. Il messaggio importante che va dato al mondo è che Venezia è una città viva e vitale. Il Mose lo sta a dimostrando e sono grato al Governo attuale e a quelli che lo hanno preceduto per l'enorme sforzo che hanno fatto nell'interesse della città».
Allo storico evento, organizzato dal Consorzio Venezia Nuova, ora presieduto da Mauro Fabris, non sono stati invitati né Giovanni Mazzacurati, 80 anni, fondatore dello stesso consorzio e arrestato per turbativa d'asta, né i rappresentanti di quelle imprese rimaste impigliate in intrallazzi poco salubri con la mafia. Ma nessuno, ieri, aveva voglia di guardare indietro. Anche perché si sarebbe scoperto che nel 1989 era stata prevista una spesa di 3.200 miliardi di lire, con entrata in funzione calendarizzata per il 2000, poi lievitata di quattro volte e con un ritardo di 16 anni, sempre che le assicurazioni di Lupi trovino conferma nella realtà.
Per funzionare, le paratoie funzionano. Lo conferma il direttore del Consorzio Venezia Nuova, Hermes Redi, che ieri ha coordinato il primo esperimento. E dunque, ogni volta che la marea salirà sopra il metro e dieci sul medio mare (e succede dalle cinque alle sette volte l'anno), dal 2016 il centro operativo dell'Arsenale, attivo già da un paio di anni, farà salire questa barriera di 78 paratoie decisiva per salvare Venezia.
Cinque miliardi e 600 milioni sono tanti, probabilmente potevano essere molti di meno, di sicuro si potevano concludere i lavori prima, ma per fortuna Venezia, con le sue passerelle contro l'acqua alta, con gli stivali sempre pronti, è ancora lì. Il Mose, medicina miracolosa, farà in tempo ad allungarle la vita.
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