Quirinale 2013

Mussolini show, bagarre alla Camera

La deputata Pdl indossa la maglia «il Diavolo veste Prodi», la Boldrini la fa allontanare dall'aula

Alessandra Mussolini in aula della Camera
Alessandra Mussolini in aula della Camera

Roma - «Con l'euro lavoreremo un giorno in meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più». Sono riaffiorate di colpo, come un incubo per il centrodestra, le profezie eurottimistiche (leggermente smentite dai fatti) del Prof. Prodi, nel giorno thrilling della sua conta per il Quirinale. In partenza dal Mali, dove l'Onu l'ha inviato per supervisionare quella terra lacerata dalla guerra civile, ad attendere Prodi si sarebbe stato un altro paese spaccato in due, e proprio dalla suo nome. Ma davvero «l'asso nella manica» di Bersani, il «nome segreto» che la sua fidata Moretti anticipava la sera prima, come exit strategy dopo il flop di Marini, era Romano Prodi, due volte premier contro il centrodestra, già ministro nel governo Andreotti nel '78? La risposta è arrivata di mattina, dopo l'assemblea del Pd che ha dato il placet a Prodi, scatenando nel centrodestra una reazione a catena raramente così furente. Dal web alla piazza e dentro il Parlamento, un fuoco di fila contro la prospettiva di un settennato Prodi, che come premier non è mai durato più di 24 mesi, e che alle orecchie del centrodestra, e del suo elettorato, suona come uno schiaffo. I centralini di via dell'Umiltà e Palazzo Grazioli sarebbero stati sommersi di chiamate di militanti pronti a mobilitarsi per protestare all'elezione del Professore alla presidenza della Repubblica.

Quando i vertici si riuniscono, ora di pranzo, l'idea di una manifestazione davanti a Montecitorio è già decollata. Sui social network si mitragliano appelli alla resistenza «noProdi» (parola chiave di moltissimi interventi su Twitter), insieme al tormentone «il Diavolo veste Prodi», che diventa anche una t-shirt indossata alla Camera dalla Mussolini, subito redarguita (e cacciata dall'aula) dalla Boldrini. La campagna web del Pdl, orchestrata sui social network da Antonio Palmieri, punta su due concetti riassunti in altrettante grafiche. Una riporta l'articolo 87 della Costituzione, «Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale», a cui il partito di Berlusconi aggiunge un «Non di quella del Partito democratico» (profetico, visto l'esito di Prodi sull'unità del Pd allo scrutinio). L'altro dice «1936,27 ragioni per dire no a Prodi», e si riferisce al drammatico cambio con cui il Professore contrattò il cambio lira/euro per far entrare l'Italia nella moneta unica.

Nel primo pomeriggio la protesta passa dalla Rete alla piazza, quella di Montecitorio che ancora ospita un picchetto pro Rodotà (pensionati minimi che inneggiano al superpensionato d'oro Rodotà, misteri quirinalizi) e che si mescola con quella anti Prodi di Pdl-Fratelli d'Italia (in più anche Casa Pound). Su un tavolino, con i coltelli di plastica, si affetta un mortadellone e si distribuiscono panini. Qualcuno addenta, altri espongono cartelli: «La mortadella non la digeriamo!». Si diffonde la voce di una manifestazione molto più grande, da organizzare nella sciagurata ipotesi, per il centrodestra, dell'elezione di Prodi al Colle. Tutto pronto per una guerra aperta.

Ma, come molte altre volte, non serve, ci pensa da solo il Pd a suicidarsi.

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