RomaRinnovarsi. Ripulirsi. Rimettersi a fare politica. Sono queste, per Giorgio Napolitano, le mosse giuste, le cose che i partiti devono fare «per non dare fiato alla cieca sfiducia e a qualche demagogo di turno», tipo Beppe Grillo. Forse ci vuole coraggio «per estirpare il marcio», magari serve risolutezza per «dare trasparenza» alla macchina del finanziamento pubblico e, chissà, occorre anche un po di lungimiranza per varare «le irrinunciabili riforme» istituzionali, prima fra tutte una nuova legge elettorale. Però la strada è questa, non ci sono alternative o scorciatoie. Si voterà infatti in primavera del 2013, «alla scadenza naturale della legislatura».
Il capo dello Stato sfrutta le celebrazioni per i 67 anni della Liberazione per fare un elettrochoc al sistema. Il punto di partenza è la difesa della politica come bene comune e dellimportanza dei partiti. Dalla Resistenza in poi, ricorda, «molti sono scomparsi, altri si sono trasformati, ne sono nati di nuovi e tutti hanno mostrato dei limiti e compiuto degli errori». Ma rifiutarli in quanto tali è sbagliato perché «non si sa dove può mai portare». Il vento dellantipolitica, spiega il presidente, è «un abbaglio fatale», è un «male antico» dellItalia, come dimostra la parabola dellUomo Qualunque di Giannini. Però, come si dice, abbiamo già dato. «Ci si fermi a ricordare e a riflettere prima di scagliarsi contro la politica». Principale destinatario del messaggio, Beppe Grillo. Che risponde a stretto giro di posta togliendosi di dosso la scomoda etichetta: «Sento parlare di populismo e di demagoghi. Ma il mio non è populismo, è politica», dice il comico genovese, che anzi aggiunge: «Noi siamo il primo vero e unico movimento politico del Paese». E riferendosi alla festa della Liberazione, mostra di avere unidea tutta sua di come i protagonisti di quella stagione della nostra storia vivrebbero la nostra epoca: «Oggi, 25 aprile 2012, il corteo delle salme ha onorato la Resistenza. Limmagine cadente di Fini, Monti, Napolitano e Schifani rappresenta lItalia. I vecchi occhi dei partigiani guarderebbero smarriti un deserto. Forse si metterebbero a piangere. Forse riprenderebbero in mano la mitraglia».
Un uppercut al mento. Ma torniamo a Napolitano, che nella visione di Grillo è la salma numero uno. Lui che pure, da piazza del Popolo a Pesaro, detta lagenda da qui alla fine della legislatura e cerca di scuotere i partiti. Tra spread, crisi economica, recessione, mancanza di lavoro e incertezza del futuro, il clima è quello che è. I partiti però non possono restare a guardare. «Facciano la loro parte», si rimbocchino le maniche, si ripuliscano e si impegnino nel lavoro per il quale sono chiamati, approvare le leggi. Cè ancora un anno prima del voto. Cè parecchio da fare, cè pure una larga maggioranza che sostiene il governo. E quindi «ci sono tutte le condizioni per concordare in Parlamento soluzioni che sono diventate urgenti, anzi, indilazionabili».
Sotto dunque con laccetta per eliminare privilegi, ridurre i finanziamenti e «tagliare lerba ai demagoghi». I partiti, se vogliono sopravvivere, «non esitino e non tardino» a ripulire la loro immagine e a impegnarsi, «confrontandosi fattivamente con il governo fino alla conclusione naturale della legislatura». Il Paese vuole riforme, perciò bisogna sfruttare lanno a disposizione per «una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti e non di votare solo dei nominati dalle segreterie». Il capo dello Stato chiude con lemergenza quotidiana.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.