Non solo la pietà, per fermare le stragi in mare serve la forza

La stampa di sinistra accusa la Meloni di non aver saputo esprimere pietà davanti ai morti in mare ma soltanto forza. È però con la forza che uno Stato reagisce ed esce dalle crisi

Non solo la pietà, per fermare le stragi in mare serve la forza

Al governo Meloni hanno addossato colpe di ogni tipo. Di aver ostacolato l'intervento delle Ong, quando in quel tratto di mare che dalla Grecia porta all'Italia non operano le tanto osannate Ong. Di aver volutamente omesso il soccorso al barcone in difficoltà, quando invece da Frontex, che quelle acque pattuglia dal cielo, non è mai arrivato l'allarme. Di non aver saputo esprimere pietà nei confronti dei familiari delle vittime, ma soltanto forza, la forza delle nuove leggi per contrastare i trafficanti di morte. Ma quello che i media progressisti ignorano (colpevolmente o no) è che serve la forza, e non soltanto la pietà, per fermare le stragi in mare.

La Meloni e tutto il governo avrebbero potuto esprimere più pietà? Probabilmente sì. Non c'è un vademecum su come comportarsi, o meglio reagire in determinate situazioni, in determinate crisi. Ricordate come venne messo in croce il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, perché rimase di stucco, paralizzato, nell'apprendere dell'attentato alle Torri Gemelle? Oggi certa stampa accusa con la stessa violenza l'esecutivo di non aver dimostrato abbastanza pietà. "Uno dei peluche lanciato contro il corteo delle macchine del governo, era l’orsetto Winnie the Pooh – scrive oggi Lucia Annunziata sulla Stampa – dopo il passaggio del corteo di governo, è rimasto sull’asfalto, ignorato e guardato da un poliziotto in tenuta antisommossa. Forse sarebbe bastato fermare la macchina e raccogliere l'orsetto. Pensi (Meloni, ndr) che forza questo salvataggio". Ma davvero sarebbe servito qualcosa?

Alla Meloni, in particolar modo, rinfacciano di non aver incontrato le famiglie degli immigrati morti, di essersi fermata poco (e senza troppo trasporto) davanti alla targa che commemora la strage, di non aver reso omaggio al sindaco di Crotone invitandolo alla conferenza stampa, di essere rimasta impassibile davanti ai peluche che le venivano lanciati contro. Poi, però, in mezzo a tutte queste accuse, è la stessa Annunziata ad ammetterlo: "L'abbiamo capito che Lei (Meloni, ndr) è forte, che lo Stato è presente a sé stesso e che le pene sono pronte. Molti di noi tuttavia non dubitano della forza ma della pietà". Ecco, dunque, la domanda: abbiamo bisogno di uno Stato compassionevole o di uno Stato forte? Di uno Stato che sappia esprimere pietà o di uno Stato che sappia dimostrarsi determinato? Di uno Stato che piange o di uno Stato che reagisce?

La risposta sembrerebbe ovvia, non per la sinistra che da sempre antepone il paternalismo alla fermezza. Non serve a nulla blandire le Ong per poi dimenticarsi i clandestini ai bordi delle strade. Non serve a nulla predicare accoglienza per poi lucrare su quei disperati.

Ma, soprattutto, non serve piangere i morti, se poi non si fa nulla per fermare chi li fa annegare in mare. Forse il governo non ha dimostrato abbastanza pietà, ma ha sicuramente dimostrato il pugno duro contro quei criminali che lucrano sulla disperazione di chi cerca sui barconi un futuro migliore.

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