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Nella prima parte della sua lettera vi sono punti che ci trovano d'accordo. Silvio Berlusconi ha commesso vari errori, alcuni per colpa propria, altri a causa di un sistema istituzionale obsoleto, altri ancora col contributo di alleati infidi, guastatori, insofferenti alla leadership del centrodestra. Ciò ha portato inevitabilmente alla dissoluzione della maggioranza e alla caduta del governo. Il Cavaliere però ha anche tanti meriti politici che gli avversari minimizzano o, peggio, non riconoscono. In ogni caso, senza di lui a Palazzo Chigi non ci pare che le cose vadano a gonfie vele; semmai si è ulteriormente gonfiato il debito pubblico, si sono gonfiate le tasse, si è gonfiata la disoccupazione e si è gonfiato lo spread. Il quale spread, un anno fa, era circa a 270-280 e ora viaggia spedito verso quota 500.
Giusto. Mario Monti non è responsabile di quest'ultimo dato negativo: dipende dalla disorganizzazione europea e dalla debolezza dell'euro, moneta fasulla che non rappresenta uno Stato continentale, bensì parecchi Stati l'uno diverso dall'altro e ciascuno con le proprie (...)
(...) caratteristiche e peculiarità. Ma se l'impazzimento dello spread non è attribuibile all'attuale premier, non lo è neppure al precedente. A cui si può rimproverare il comportamento privato, ma non quello pubblico. È vero, come lei sottolinea: il Paese è spaccato oggi quanto ieri, privo di progetti politici, in bolletta più che mai, funestato da una ondata di pessimismo che non aiuta la ripresa.
Queste non sono opinioni, ma dati oggettivi, riscontrabili da chiunque osservi la realtà con un minimo di obiettività. E noi giornalisti, purtroppo, o per fortuna, non abbiamo gli strumenti né, forse, le capacità per modificare la situazione. Il nostro compito è raccontare i fatti e commentarli in base alle nostre idee: già, siamo indipendenti da tutto e da tutti, tranne che dalla nostra testa. Lei sostiene che non ci adoperiamo per ricucire gli strappi e che, viceversa, continuiamo in una politica di frontale opposizione. Ci permetta di dissentire. Noi critichiamo il presidente del Consiglio non tanto per quello che fa, ma per quello che non fa. Egli finora - se si esclude la meritoria riforma previdenziale, firmata dall'ottima Elsa Fornero - non ha ridotto la spesa pubblica strutturale, limitandosi a usare il bastone fiscale per colpire sul groppone gli italiani, e senza capire che in questo modo si riducono i consumi, la produzione e i margini di crescita.
Nei programmi dei tecnici c'era la spending review. È rimasta lettera morta o almeno moribonda. Davanti all'inefficienza e all'immobilismo dell'esecutivo, dovremmo fingere indifferenza o dire che tutto è perfetto? Porti pazienza, dottor dal Verme, abbiamo torto o ragione nel porre in evidenza le lacune di Monti? Il nostro non è un giornale di partito, ma di informazione e d'opinione: non si deve preoccupare di risolvere i problemi della patria, semmai di segnalarli ai lettori e fornire loro qualche elemento allo scopo di comprenderli.
Lei dice che il nostro atteggiamento ricorda quello di Giovanni Malagodi. Fosse così, ne saremmo fieri. Il grande liberale, infatti, azzeccò tutte le previsioni. Intuì che il centrosinistra sarebbe stato una catastrofe, e lo fu. Intuì che le Regioni sarebbero state una sciagura, e lo sono; enti inutili, anzi dannosi, centri di sperpero, mastodonti burocratici che costano l'iradiddio e non servono i cittadini. Il disastro sanitario è provocato dalla pessima gestione del settore salute affidata a governatori (ed enti) buoni a nulla e capaci di tutto nello sperpero del pubblico denaro.
Creda, dottore, non ce l'abbiamo con Monti.
di Vittorio Feltri
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