La norma della riforma Orlando "aggira" il tetto sulle intercettazioni

L'Anm difende le linee interpretative di alcune Procure contro la riforma firmata da Zanettin (Forza Italia). In arrivo una raffica di emendamenti

La norma della riforma Orlando "aggira" il tetto sulle intercettazioni
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Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Lo scontro sui limiti alle intercettazioni (tetto a 15 giorni prorogabile per altri 30) per alcuni reati, introdotti dal governo in nome dell’equilibrio tra pregiudizio investigativo e rispetto della privacy, passa per una norma che non è stata (ancora) formalmente abrogata dalla riforma voluta dal Guardasigilli Carlo Nordio (con Pierantonio Zanettin di Forza Italia primo firmatario) con la legge 47 del 31 marzo scorso, entrata in vigore il 24 aprile, e che Procure e uffici di polizia giudiziaria rivendicano per «difendere» l’impianto investigativo per i reati contro la Pubblica amministrazione, per cui esiste una sorta di doppio binario.

Secondo questa interpretazione, le intercettazioni già prorogate, anche oltre il quarantacinquesimo giorno fino al 24 aprile 2025, devono ritenersi valide. Le operazioni già avviate alla data di entrata in vigore della legge e quelle iniziate dopo, a partire dalla terza proroga sono soggette alla nuova disciplina. Ma il limite di 45 giorni alle intercettazioni non si applicherebbe ai reati come peculato, corruzione e concussione. Lo scrivono nelle linee guida interpretative indirizzata alla pg varie Procure della Repubblica: secondo questa interpretazione i reati contro la Pa sarebbero equiparati a gravi delitti come mafia e terrorismo grazie all’articolo 6 del decreto legislativo 216 del 29 dicembre del 2017, vale a dire la riforma firmata dall’allora Guardasigilli Andrea Orlando: una norma «non abrogata», che dunque «deve essere applicata», rileva l’Associazione nazionale magistrati, con il suo presidente Cesare Parodi che, all’uscita dall’incontro con alcuni gruppi parlamentari alla Camera, ribadisce la normalità dei rapporti con la maggioranza e con Forza Italia in particolare, («Siamo persone che hanno idee diverse, abbiamo discusso in un clima più che accettabile rimanendo ovviamente ognuno sulle proprie posizioni») in attesa che in Parlamento arrivino i quasi duemila emendamenti al disegno di legge di conversione del decreto Sicurezza, con cui proprio Forza Italia proporre una modifica sulle «norme interpretative sulle intercettazioni e il limite dei 45 giorni per la pubblica amministrazione».

Rinvio esplicito. Restano oggi esclusi dai paletti introdotti dalla legge Zanettin, scrive la direzione distrettuale antimafia di Messina, anche i reati ai quali nel tempo.

Secondo la Dda di Messina, per esempio, già l’articolo 13 del decreto legge 152 del 13 maggio 1991 avrebbe già equiparato a mafia e terrorismo (dove i limiti alle intercettazioni teoricamente non ci sono) i delitti dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio sanzionati «con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4 del Codice di procedura penale», come la corruzione per l’esercizio della funzione, per atto contrario ai doveri d’ufficio, per corruzione aggravata, in atti giudiziari e l’induzione indebita a dare o promettere utilità, per cui il limite all’ascolto resterebbe di 40 giorni, con proroghe teoricamente illimitate di 20 giorni in 20 giorni, come per criminalità organizzata, minaccia telefonica, terrorismo, traffico illecito organizzato di rifiuti, sequestro di persona a scopo estorsivo e tutti i reati compiuti o tentati avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo estorsivo e dei reati informatici su infrastrutture d’interesse pubblico. Il governo sarebbe anche intenzionato a estendere questo regime anche ai delitti di violenza domestica e di genere, oltre al revenge porn.

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