
Ho deciso di commentare l'ultimo messaggio del web scagliato come una maledizione addosso a Giorgia Meloni. Eccolo: «Ti venissero tre tumori». È una sentenza da voodoo, o da condanna a morte della Mano Nera. Ha una carica atomica di violenza e disprezzo equivalente a uno striscione appeso sopra il nostro cielo. Una deflagrazione potenzialmente universale e incancellabile, tutt'altro potere di devastazione rispetto ad una scritta murale in periferia di mezzo secolo fa. Riferisco quel che, leggendo il riferimento al cancro, è accaduto dentro di me. Non perché la mia trascurabile persona meriti attenzione, ma in quanto somiglia ne sono certo a quella di voi lettori: di esseri umani, cioè. Ho avuto un accesso di nausea. Questo modo di fare politica fa vomitare. E ho deciso di scriverne. Poi, come ritengo in tanti di voi, è sopravvenuta la tentazione della noia, del già visto e già letto. Come le lamentele per il posteggio in seconda fila, o per le biciclette motorizzate che saltano sui marciapiedi: già fatto mille volte, e il risultato è lo stesso come quelli che pretendessero di fermare l'alluvione prendendo l'acqua a sberle. Questo modo di intervenire in politica sui social, con agguati anonimi, è ritenuto ormai un elemento cui per quieto vivere conviene assuefarsi, qualcosa di così ovvio da essere in fin dei conti veniale, accettando la giungla come elemento del paesaggio. Un fenomeno di costume, detestabile, ma non possiamo farci niente.
Il citato messaggio teso a scorticare la resistenza di Giorgia, cui voglio bene, accade dopo un'aggressione in cui un professore a cui sono affidati adolescenti ha augurato alla premier, addentata in quanto madre, che sua figlia subisse una morte atroce come Aurora, la ragazzina di 14 anni uccisa a pietrate dal presunto ex fidanzato, in un contesto di schifo
assoluto. Il tizio, beccato sul fatto, si è prosternato in piagnistei e richieste di perdono. Meloni commossa dalle scuse del deficiente il quale sosteneva, con sprezzo del ridicolo e della dignità che anche un mascalzone dovrebbe possedere, di aver obbedito alla intelligenza artificiale - ha accettato di riceverlo privatamente. Non l'ha ancora fatto. Ma appena alcune questioni secondarie, tipo la terza guerra mondiale, glielo consentiranno, proverà a dialogare con questo cannibale da tastiera. Io le chiedo di lasciar perdere. Wojtyla perdonò e visitò Ali Agca: ma quello stava in carcere. Non bisogna premiare i maniaci che prima cercano di squartare impuniti l'anima di una signora scelta dal popolo, e poi una volta scoperti invece della vergogna pubblica pretendono il bacio del perdono sfruttando il quarto d'ora di celebrità per passare pure per candide pecorelle pentite. O addirittura perseguitate. Ha cercato il classico finto suicidio da adolescente, quello con quattro pillole, non reggendo non tanto la vergogna, quanto l'incazzatura della gente. Non mi commuove, chi colpisce nell'ombra, coperto da maschere, per contrappasso dantesco è rieducabile solo con una gogna pedagogica. Che non chiami linciaggio le bastonature morali che riceve. È stato lui a tirare il boomerang che gli torna in culo. Ho scritto culo. Non sta bene, ma qualche volta ci vuole. Qualcuno mi obietterà, da qualche terrazzo progressista al caviale, che in fondo è il sottoscritto ad aver riabilitato il politicamente scorretto. E in fondo i due aggressori hanno agito verbalmente, non hanno tirato pietre. Pertanto il qui scrivente dovrebbe tollerarli e persino tutelarlo. Alt! Non trucchiamo le carte. Un conto è criminalizzare l'uso di parole considerate dalla polizia morale della sinistra quali tabù blasfemi (evito l'elenco), o espellere dal consesso civile chi osi argomentare che l'aborto è un omicidio e non un
diritto, o esprima tesi antipatizzanti verso la civiltà musulmana. Non sono le parole o le tesi politicamente scorrette a essere pericolose, non è la dolcezza o la crudezza delle proprie opinioni a vibrare una pugnalata alle viscere interiore di una persona. A essere riprovevole è lo scopo di «character assassination» (assassinio della personalità, più che del corpo) di certi discorsi e maledizioni a farle essere l'equivalente morale del coltello. E qui mi riferisco non solo a chi cerca di sbudellare gli affetti profondi di Giorgia. Costoro sono degli esecutori vili che danno sfogo a quel che leader politici o ascoltati intellettuali hanno seminato in lungo e in largo. I mandanti del lancio di vetriolo social sull'anima dell'avversaria politica, siano consapevoli o no, coincidono con quanti, con la corazza della immunità parlamentare, hanno additato la Meloni quale complice del sangue dei bambini di Gaza, associandola al suo essere madre.
Metto in fila alcuni titoli proposti da quotidiani e da siti internet, tutti qualificati a sinistra. Tanto per capire chi deposita bombe sociali nel territorio di opinione pubblica di propria pertinenza.
«Giuseppe Conte: 'Meloni sarà complice morale di tutti gli stupri e le violenze di Almasri'» (Huffington post).
«Gaza, scontro alla Camera. Schlein: Meloni complice, disonora il Paese» (La Stampa)
«Gaza, (Tomaso) Montanari a La7: 'Il governo Meloni ha le mani sporche di sangue, chi tace è complice» (Il Fatto quotidiano).
E qualcuno si stupisce se in quel bosco crescono funghi tossici?