Altra botta in testa per Pier Luigi Bersani. La candidata sponsorizzata dalla segreteria del Pd, Rita Borsellino, ha perso le primarie a Palermo. Ennesima sconfitta per il partito, già battuto in Puglia, a Milano, a Napoli, a Genova, a Cagliari e perfino a Piacenza, la città di Bersani. Dovunque i democratici abbiano consultato la base, è finita male. Hanno sempre vinto personaggi considerati marginali.
Sembra quasi che i compagni si siano divertiti a fare il contrario rispetto ai suggerimenti del vertice. L’ultimo sberleffo al leader è firmato Fabrizio Ferrandelli. Toccherà a lui, anziché a Borsellino, rappresentare il Pd nella corsa alla poltrona di sindaco del capoluogo siciliano. Destino amaro per il segretario, al quale nessuno più dà retta. E non potrebbe essere diversamente. Quando un partito è allo sbando e affida al popolo il compito di assumere decisioni tecniche, va regolarmente a sbattere.
Il problema ha un nome: primarie. Sia maledetto chi le ha introdotte per scimmiottare gli americani, che, però, hanno un sistema elettorale in nulla somigliante al nostro. In Italia poi ci sono parecchi partiti. Quello democratico (ex comunista, in prevalenza) ha stabilito di eleggere con le primarie il segretario. Il quale in teoria sarebbe così legittimato a comandare, almeno per il disbrigo degli affari ordinari, come appunto la scelta dei candidati alle amministrative. E invece Bersani non ha le deleghe per esercitare questo potere. Al massimo può indicare dei nomi. Quindi si svolgono altre primarie perfinoallo scopo di selezionare un aspirante sindaco, e addio volontà del più alto dirigente.
Domanda: ma se non vi fidate dell’uomo che avete preteso quale timoniere, che senso ha averlo votato? Qui non siamo di fronte a un accesso di democrazia, ma di demagogia. Bersani espone la faccia e si becca gli sputi di chi ha facoltà per statuto di prevaricarlo. Siamo al paradosso. Ci stupiamo che lui sopporti una situazione simile e accetti di guidare un partito in cui il primo che si sveglia la mattina detta la linea politica e i simpatizzanti si permettono di spernacchiare il leader, facendogli fare figure barbine una dietro l’altra. Un Pd conciato in questo modo non ha prospettive. Forse alle prossime consultazioni locali riuscirà a galleggiare, ma l’anno venturo, quando si tratterà di rinnovare il Parlamento, se non avrà cambiato metodi e stile, non caverà un ragno dal buco. Con tanti saluti alle ambizioni di governare.
I compagni si dovranno rassegnare a consegnarsi mani e piedi a un altro esecutivo tecnico, dando ragione a coloro i quali giurano che i partiti, così come sono concepiti (cioè secondo modelli ottocenteschi), non hanno più senso di esistere.
Mancano poco più di 12 mesi all’appuntamento fatale con le urne politiche: caro Bersani, abbia il coraggio di promuovere una rifondazione del Pd o una risata seppellirà lei e il suo Pd con annesse primarie della malora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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