L e donne sono in rosa, in nero, in malva, in blu elettrico o con la pancetta di nove mesi. Sono tante, otto, sono la metà esatta del governo, ma la star è un uomo, un ragazzotto di 39 anni la cui esuberanza è faticosamente contenuta da un abito scuro istituzionale. Alle 11,30 un Matteo Renzi appena appena emozionato legge davanti a Re Giorgio la formula di rito e diventa il presidente del Consiglio più giovane della storia italiana. Da Pontassieve a Palazzo Chigi, ci ha messo pochi mesi a salire in cima contro tutti i pronostici e tutte le nomenclature. Adesso non può fermarsi, non se le può permettere, deve continuare subito a stupire. «Ragazzi, la ricreazione è finita».
No, non c'è davvero il tempo di festeggiare e nemmeno tanto spazio per lanciare le riforme. Renzi la prossima settimana vorrebbe far incardinare la legge elettorale e il restyling del Senato, ma già venerdì i decreti del governo uscente rimasti a metà lo riporteranno con i piedi sulla terra. Ad esempio, c'è da decidere che fare con il «Salva Roma», che è un provvedimento necessario ma non proprio popolare. Esordire mettendo la fiducia su uno dei decreti più contestati di Enrico Letta? O è meglio farlo cadere, salvo poi ripresentarlo tale e quale per evitare che il Campidoglio vada in bancarotta? Altro che volare alto, c'è la brutalità dell'amministrazione quotidiana che incombe.
Al Quirinale si respira comunque l'aria del primo giorno di scuola. Renzi è l'allegrone della compagnia, scherza e ride. I ministri posano per lo fotografie. E pure Giorgio Napolitano appare più disteso nel battezzare un esecutivo politico dopo la stagione dei governi del presidente. Cerimonia breve, una ventina di minuti, seguita da una veloce bicchierata nel Salone degli Specchi.
Matteo va di fretta. A mezzogiorno e un quarto entra a Palazzo Chigi, passando in rassegna un reparto di granatieri di Sardegna in alta uniforme. Gelido e ultrarapido pure il rito della campanella, con Letta che non lo guarda e gli dà le spalle. Alle 12,30 si tiene primo consiglio dei ministri, dove viene formalizzata la nomina di Graziano Delrio a sottosegretario alla presidenza e attribuite le deleghe alla Boschi, alla Madia e alla Lanzetta. Il Matteo I è ufficialmente in carica, anche se deve ottenere la fiducia del Parlamento: domani al Senato, martedì alla Camera. Occhio ai numeri, vista «l'insoddisfazione» dei Popolari per l'Italia e il fermento dell'ala civatiana del Pd. Intanto giurerà pure Pier Carlo Padoan, reduce da Sydney, e nei prossimi giorni verranno scelti i sottosegretari.
Battute e sorrisi ma, raccontano, «anche molta determinazione» in quello che sembra «più un consiglio di amministrazione che un consiglio dei ministri». «Dobbiamo essere il governo dei fatti - spiega Matteo - Su di noi ci sono aspettative molto alte non possiamo sbagliare». Cento giorni prima delle elezioni europee per dimostrare «che è valsa la pena cambiare» esecutivo.
«Compito tosto e difficile. Ma siamo l'Italia, ce la faremo». Via Twitter, il nuovo premier suona la carica, mentre fa un giro di tavolo con i ministri chiedendo di elencare le priorità. «Un impegno, rimanere noi stessi, liberi e semplici». Il dossier indiano è tra più urgenti. Tra i primi atti di Renzi infatti la telefonata a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: «Semplicemente, faremo di tutto».
Chiamano François Hollande e il premier belga Elio di Rupo. «Lavoreremo insieme per la crescita e il lavoro», dice il presidente francese. E in serata si fa vivo pure Barack Obama: la Casa Bianca «si congratula» e sottolinea «la duratura amicizia» tra i due Paesi.
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