«È falsa l'immagine fiabesca e sdolcinata del Natale». Parola di Papa Francesco. Parola pronunciata ieri all'ora dell'Angelus davanti alla folla che gremiva piazza San Pietro sotto la pioggia. Ma «voi non avete paura della pioggia, eh! Siete bravi», aveva salutato Bergoglio affacciandosi alla finestra del Palazzo apostolico.
Siamo ancora allungati sul divano a smaltire il pranzo natalizio, magari davanti all'immagine idilliaca del Neonato del presepio, o a contemplare l'albero che lampeggia nei nostri salotti, e il Papa non esita a smontare questa «immagine fiabesca e sdolcinata del Natale». Perché «nel Vangelo non esiste». Sembra una provocazione, un richiamo. Non si può mai stare tranquilli, non si può adagiarsi. Il cristianesimo non è qualcosa di sentimentale e consolatorio, dice il Papa. Ma qualcosa di dirompente e diretto. A volte conflittuale, come ben sanno (...)
(...) i cristiani perseguitati e discriminati. L'occasione di questo avvertimento viene dalla festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, lapidato a causa di un discorso senza troppe sfumature che non era per nulla piaciuto ai membri del Sinedrio. Gli Atti degli Apostoli descrivono Stefano come «uomo pieno di fede e di Spirito Santo», prescelto insieme ad altri per il servizio ai poveri e alle vedove dalla comunità cristiana di Gerusalemme. Trascinato fuori dalle mura della città, venne massacrato a sassate. E «morì come Gesù, chiedendo perdono per i suoi uccisori», ha rimarcato Francesco. Che, nell'esempio del primo martire cristiano, vede la testimonianza della Chiesa attuale che soffre a causa delle persecuzioni e della libertà religiosa negata.
Nell'Occidente progredito e secolarizzato, invece, l'ostilità nei confronti del cristiani assume forme più subdole, come il tentativo di cancellare la dimensione pubblica della fede, relegandola in una dimensione privata.
«Nel clima gioioso del Natale» la commemorazione del martirio di Stefano «potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale infatti è la festa della vita e ci infonde sentimenti di serenità e di pace», ha premesso Bergoglio. «Perché turbarne l'incanto col ricordo di una violenza così atroce? In realtà, nell'ottica della fede, la festa di santo Stefano è in piena sintonia col significato profondo del Natale.
Nel martirio, infatti, la violenza è vinta dall'amore, la morte dalla vita». La liturgia ci offre il senso autentico dell'incarnazione, ha sottolineato il Papa, «collegando Betlemme al Calvario». «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato». Perciò il Papa ha invitato a pregare per «i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo». Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che «vengono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo». Questo avviene soprattutto dove «la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata». Accade però anche «in Paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove di fatto i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni».
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