Il paradiso perduto del calcio: Italia-Brasile è a rischio

La tv smonta il Paese della nostra immaginazione e delle nostre illusioni. Era uno degli ultimi luoghi comuni, un tormentone da chiacchierata serale con gli amici e da documentario tv

Il paradiso perduto del calcio: Italia-Brasile è a rischio

Il Brasile è un Paradiso perduto. Nella geografia, nella vita, nel pallone. La tv smonta il Paese della nostra immaginazione e delle nostre illusioni.

Era uno degli ultimi luoghi comuni, un tormentone da chiacchierata serale con gli amici e da documentario tv: c'è un Paese dove vorresti andare? Il coro: «Brasile». Univa pauperisti, vecchi e nuovi capitalisti, radical chic, media borghesia. Perché c'era un Brasile per ciascuno e uno per tutti: la terra dove si sorride, il Carnevale del corpo e dell'anima, dove la povertà veniva vissuta con disinvoltura e dove l'inizio della nuova ricchezza veniva gestito con serenità. Per noi, per tutti, era come se fosse tutto un'infinita Copacabana.

Chi ci era stato ti diceva: «Non puoi capire che Paese è». Chi non l'aveva ancora visto non vedeva l'ora di andarci. Poi il calcio. Sì, il calcio. Perché che vuoi? Ovvio che il pallone come si vive lì non si vive da nessuna parte. Un unico campo fatto di talento, gioia, serenità, un futbol bailado continuo. Il giorno in cui il Brasile ha vinto la corsa a ospitare il mondiale dell'anno prossimo, hanno esultato persino gli altri rivali. Di nuovo il coro, sempre più forte: «Il Brasile è il Brasile». Il meglio, il top, il Paradiso. La cavalcata economica, il miracolo degli ultimi dieci anni, la crescita pazzesca, l'uscita dalla povertà di milioni di persone, l'organizzazione dei mondiali dell'anno prossimo e delle Olimpiadi del 2016.

Le immagini degli scontri a Rio e San Paolo, dei cortei, della polizia che spara lacrimogeni, dei primi due morti, del governo che convoca riunioni d'emergenza fanno precipitare l'idea che avevamo. Questo Brasile sembra la Turchia. Questo Brasile preoccupa, invece di far sognare. La Federazione internazionale del pallone ha detto a Brasilia che se non ferma le manifestazioni e le violenze la Confederations Cup che si sta giocando potrebbe essere sospesa, poi annullata, infine cancellata. Il calcio che si ferma in Brasile è un controsenso, come smettere di suonare alla Scala.

Se qualcuno lo minaccia o anche solo lo ipotizza nel giorno di Italia-Brasile diventa quasi una bestemmia. Non succederà, ma se succedesse sarebbe la fine definitiva di un'idea che per troppo tempo è stata un ideale. Quello del Brasile diverso.

Samba e guerriglia sono le facce di una realtà che finora è stata raccontata a metà. Lo scrisse Toquinho, senza sapere che questo momento sarebbe arrivato: «Siamo tutti in ballo, siamo sul più bello, in un acquarello che scolorirà».

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