Le cifre non lasciano molti dubbi: il 68% degli europei pensa che l'Europa stia andando in una direzione sbagliata. A poco più di due mesi dalle elezioni, la domanda che assilla Bruxelles e i 28 governi della Ue è quanti di questi euroscettici se ne staranno a casa, quanti voteranno per i partiti che professano le loro idee e quanti rimarranno fedeli ai vecchi raggruppamenti - Popolari, Socialisti, Liberali - cui, per abitudine o per pigrizia, hanno dato il loro suffragio fin qui. Se per caso votassero compatti per chi nella Ue (o nell'Euro) non ha più fiducia, sarebbe una rivoluzione. Il Parlamento di Strasburgo, cui, non dimentichiamolo, il Trattato di Lisbona ha conferito sempre maggiori poteri e che avrà una voce risolutiva anche nella formazione della nuova Commissione, ne uscirebbe del tutto stravolto e diventerebbe praticamente ingovernabile.
Ma non sarà così, per almeno due ragioni: anzitutto, in molti dei nuovi euroscettici prevarrà l'astensionismo, in costante ascesa dalle prime elezioni dirette del 1976; in secondo luogo, tra i partiti antieuropei presenti pressoché ovunque (uniche eccezioni di rilievo, Spagna e Portogallo) esistono enormi differenze strutturali ed ideologiche, che rendono la loro coabitazione in uno stesso gruppo parlamentare pressoché impossibile. Alcuni sono di estrema destra, come Alba dorata in Grecia, Jobik in Ungheria, Swoboda in Slovacchia e (per certi aspetti) il Partito della libertà in Olanda; altri semplicemente nazionalisti come il partito dei Veri finlandesi o lo United Kingdom Independence Party; altri regionalisti, come la Lega Nord e il Vlaamske Belong belga; altri di estrema sinistra come la lista Tsipras e altri ancora «non collocabili» come il Movimento cinque stelle. È difficile, per esempio, immaginare come la inflessibile linea filoisraeliana dell'olandese Geert Wilders («Il Corano è un libro fascista» è una delle sue uscite più famose) possa conciliarsi con l'antisemitismo di Jobik, o come possano andare d'accordo, quando ci saranno da prendere decisioni in materia, il liberalismo dell'Ukip con il protezionismo del Fronte nazionale di Marine Le Pen. L'elemento che accomuna tutti questi partiti è in fondo uno solo: la rabbia generalizzata contro i burocrati di Bruxelles, che pretendono di imporre regole a tutti e di interferire nella vita quotidiana della gente, condita con una voglia di riappropriarsi di tutti, o di una parte dei poteri trasferiti all'Unione e di una irriducibile ostilità all'immigrazione, soprattutto dai Paesi islamici.
Nonostante tutte queste differenze, se si avverassero le previsioni che i partiti euroscettici conquisteranno dal 22 al 25 per cento dei 751 seggi, essi potrebbero costituire su certi punti una formidabile forza di blocco, che metterebbe in crisi il consacrato duopolio Ppe-Pse che finora ha fatto il bello e il brutto tempo a Strasburgo. Il nocciolo duro di questo blocco (cui potrebbero, forse, aggiungersi i grillini) è costituito dal Fronte nazionale francese, che i sondaggi prevedono possa diventare per la prima volta il primo partito di Francia, l'Ukip inglese, che pur non disponendo, a causa del sistema uninominale, di un solo seggio alla camera dei Comuni compete per il primo posto con conservatori e laburisti, e il Partito della libertà olandese, che ha anche fatto parte del penultimo governo influenzando pesantemente le restrizioni imposte dall'Aja all'accoglienza degli extracomunitari.
Quasi nessuno dei grandi partiti euroscettici ha un forte radicamento sul territorio, personaggi di una certa statura che affianchino il leader o un programma di governo credibile. Molti, come il M5S, basano la loro forza sui social network e la possibilità che questi offrono di catalizzare la protesta. Nessuno, con la possibile eccezione del Fronte nazionale, la cui leader non nasconde di sognare l'Eliseo, nutre la speranza di conquistare un giorno il potere nei rispettivi Paesi; e quando ci riescono (il partito di Haider in Austria) si mostrano in genere inadeguati a gestirlo.
Ma, come testimoniano i sondaggi, mai le circostanze sono state loro favorevoli come in questa primavera, anche perché molti elettori considerano le Europee non tanto uno strumento per scegliere dei legislatori, quanto una specie di sondaggio d'opinione certificato perfetto per dare corpo ai propri malumori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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