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Perseguitano e poi perdono: impuniti i pm che fanno flop

La sinistra se ne accorge solo quando tocca qualcuno dei suoi. Da Scaglia a Domenici, il tritacarne distrugge aziende e politici. Alfano: presto faremo una legge sulla responsabilità civile delle toghe

Perseguitano e poi perdono: impuniti i pm che fanno flop

La sinistra se ne accorge solo quando tocca qualcuno dei suoi. E così Leonardo Domenici, ex sindaco Pd di Firenze, eliminato per via giudiziaria pur non essendo indagato, sul Corriere della Sera grida allo scandalo giustizia dopo la sentenza che ha mandato assolti gli imputati (tra loro i Ligresti) del processo che ha fatto crollare la sua giunta. E così Massimo D'Alema, a proposito dell'assoluzione dell'ex governatore campano Antonio Bassolino, dice che «trasformare i giudizi politici in fumosi atti accusatori non è cosa buona da parte della magistratura». Persino Matteo Renzi, dal palco della Leopolda, invoca la riforma della giustizia in nome di Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb detenuto per quasi un anno e ora assolto. Ma quello che la sinistra non dice è il rovescio della medaglia, e cioè che i pm artefici di questi che, sia pure con sentenza non ancora definitiva, hanno tutta l'aria di essere flop giudiziari, il gip che – è il caso di Scaglia - ha detto sì all'arresto di un uomo per cui per il pericolo di fuga era insussistente visto che era all'estero e si è presentato spontaneamente, sono lì, al loro posto. A imbastire nuovi processi. E, chissà mai, nuovi errori. Sicuri dell'impunità. Ecco chi sono.
Cominciando dal caso Scaglia. Il Gip di Roma che il 23 febbraio del 2010, su ordine dei pm titolari dell'indagine, Francesca Passaniti e Giovanni Bombardini, firma l'ordine di cattura dell'ex numero 1 di Fastweb è Aldo Morgigni. In carcere, dimenticato, Scaglia resta ben 80 giorni. Poi lo stesso Morgigni firma il via libera ai domiciliari. Il 24 febbraio del 2011 altri giudici dicono sì alla scarcerazione. Lo scorso 17 ottobre Scaglia è assolto con formula piena.

Da Roma a Firenze, l'inchiesta sull'urbanizzazione dell'Area Castello. L'anno è il 2008, per Firenze è un terremoto che abbatte la giunta Domenici. Pm sono Gianni Tei e Giuseppina Mione. Domenici non è indagato, nell'inchiesta finiscono invischiati per corruzione due suoi assessori. Sette gli indagati, tra cui Salvatore Ligresti. Il finale del primo round lo scorso 10 ottobre: non ci fu corruzione per risanare l'area, tutti assolti e una condanna per reati minori.

E veniamo a Napoli, l'inchiesta sulle presunte irregolarità nel ciclo della gestione dei rifiuti che ha visto assolto, in primo grado, l'ex governatore della Campania Antonio Bassolino. È il 2008. I pm sono Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, è Rosanna Saraceno il Gip che firma le 25 ordinanze di custodia cautelare. Bassolino è indagato in quanto ex commissario per l'emergenza. Cinque anni dopo la fine del primo atto, con l'assoluzione di Bassolino e di altre 27 persone.

Dalla Campania alla Sicilia. Storie di assoluzioni e di toghe che, pur bocciate dai giudici, sono al loro posto. Anzi, fanno carriera. È il caso del pm Nino Di Matteo, titolare dell'accusa oggi al processo per la trattativa Stato-mafia, ieri di uno dei casi emblematici di persecuzione giudiziaria, quello di cui è stato vittima l'ex ministro dell'Agricoltura Saverio Romano, ora Pdl, per dieci anni braccato, indicato come colluso e assolto definitivamente solo nell'aprile scorso. Il gip Giuliano Castiglia, per lui, ha imposto alla procura l'imputazione coatta. Di Matteo è stato anche pm - insieme ad Antonio Ingroia - di ben due processi che hanno visto assolto il generale Mario Mori: quello sulla mancata perquisizione del covo di Totò Riina (definitiva) e quello per favoreggiamento alla mafia chiuso l'estate scorsa. Adesso è pm del processo sulla trattativa. Con un altro pm, Vittorio Teresi, che si è visto assolvere dopo 17 anni un imputato eccellente, Calogero Mannino. Il presidente della corte d'assise davanti a cui si svolge il processo Stato-mafia, invece, è Alfredo Montalto. Lo stesso che, da Gip, nel '95, fece arrestare l'allora presidente della Provincia di Palermo Francesco Musotto. Assolto, definitivamente, dopo cinque anni e mezzo.

Tutti impuniti, tutti al loro posto. Per sanare questo vulnus, ieri, il Consiglio dei ministri ha messo a segno un tassello.

Il vicepremier Angelino Alfano ha annunciato che «in ottemperanza con la sentenza della corte di Giustizia Ue, è stato previsto che in caso di violazioni gravi e manifeste dell'ordinamento della Ue da parte di organi giurisdizionali di ultimo grado, lo Stato ne debba rispondere direttamente». Insomma, i giudici che violeranno il diritto europeo dovranno pagare.

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