In piazza i numeri non tornano

La Repubblica ha fornito la prova, da bravo organo della sinistra, che i progressisti guardano allo strazio in Terra Santa come pretesto per vantarsi davanti al mondo del proprio ombelico

In piazza i numeri non tornano
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Ero deciso a commemorare la Flotilla (che si legge Flottiglia come in italiano, ma scritta così fa tanto nonna del Corsaro nero o Che Guevara) con un minuto di silenzio eterno, chiusa lì. La partita per la pace - almeno provvisoria, con la fine delle sofferenze del popolo palestinese di Gaza e dei superstiti ostaggi ebrei di Hamas - si è giocata infatti da tutt'altra parte rispetto alla rotta dei pro Pal, e ha virato verso il bello. Nulla di sicuro, sia chiaro: la storia ci ha abituato ai «quasi gol», minacciati dalla presunzione degli idioti che restringono il mondo alla propria azione eroica, beninteso pretendendo il materasso per cadere sul morbido. La notizia, secondo le banali norme del giornalismo, sarebbe, più che il dolorino artritico dei «flottiglieros» esposti all'umidità, il «ci sto» di Hamas alla proposta di Trump, proprio il tizio dato per pazzo criminale, che in questo modo è andato (quasi) a dama, creando un'occasione per la vittoria del bene, o almeno al prevalere del minor male che di questi tempi è da bersi come oro colato. L'avrei finita qui, con queste parole di attesa. Poi però i fatti della nostra Italietta sono alquanto testardi, persino più di me. E mi costringono ad abbandonare il proponimento di tacere.

1) La Repubblica ha fornito la prova, da bravo organo della sinistra, che i progressisti guardano allo strazio in Terra Santa come pretesto per vantarsi davanti al mondo del proprio ombelico. Il titolo d'apertura della prima pagina, si suppone decisivo per le sorti dei disgraziati bambini gazawi, è questo: «L'Italia in piazza per Gaza», con una cronaca elegiaca dello sciopero della Cgil e dei Cobas che ha bloccato stazioni e tangenziali, oltre che ferito 55 agenti di polizia e carabinieri. Il tutto corredato da un panegirico di Massimo Giannini, che mette in ombra definitiva Isocrate e Appelius, dedicato con struggimento ai «capitani coraggiosi della Flotilla» e, bontà sua, anche «ai poveri palestinesi», che sono stati l'eccellente pretesto per consentire «La spinta dei cittadini» al governo Meloni. Il tutto con una gigantografia purtroppo non a cavallo dei manifestanti che sventolano bandiere palestinesi. In secondo piano, sotto l'immagine dei sostenitori pro Pal, il titolo minore, che la logica delle percezioni umane trasforma in conseguenza della manifestazione, dice: «Ostaggi, Hamas pronto al rilascio. Trump a Israele: stop alle bombe». Vedremo.

2) Intanto constatiamo una esibizione identitaria sinistra per la nostra sinistra. Essa escludendo dal suo novero Calenda e Renzi con le loro pattuglie non ha voluto votare la mozione proposta dai partiti della maggioranza di centrodestra, che proponeva a tutto il Parlamento di sostenere con un sonoro e speranzoso sì la soluzione Trump, condivisa dai Paesi arabi e persino dal segretario generale dell'Onu, per spegnere le fiamme della guerra: fine dei bombardamenti israeliani, liberazione di ostaggi ebrei vivi e restituzione dei cadaveri di quelli ammazzati, scarcerazione a frotte di palestinesi già condannati, progressivo sgombero delle truppe di occupazione, amnistia per Hamas ed esilio per i suoi capi, piano di ricostruzione, e governo transitorio di «tecnici» arabi.

Ecco che Schlein, Conte, e i due dardanelli Fratoianni e Bonelli, in nome della «flotilla» e contro il «servilismo complice» di Giorgia Meloni, hanno dichiarato l'astensione, insomma un bel «ni» alla pace.

In questo senso, forse per la prima volta, i nostri progressisti hanno deciso di smarcarsi da Hamas, che invece ha votato sì. Quel buontempone di Sinwar insieme ai suoi successori si colloca dunque tra i centristi rispetto ai boia-chi-molla Conte, Schlein e i Dardanellos, candidandosi a quanto pare al ruolo di complice della Meloni e da indicare come traditore al prossimo comizio del campo largo + Flotilla. Abbiamo dimenticato il punto di domanda, ma si chiama satira. Peccato che sia tutto vero.

3) Giorgia Meloni aveva osservato, commentando indizione del secondo sciopero generale consecutivo di venerdì, che ormai siamo al «weekend rivoluzionario lungo». È stata coperta di contumelia, ma ci ha azzeccato. Resta un mistero sui numeri.

Landini e i suoi corifei (stavolta a Repubblica e a Domani si è aggiunto Il Fatto) dicono che alle manifestazioni erano due milioni (il ministero dell'Interno, o dell'Interna, non voglio scadere nel sessismo, dice 400mila). Ma nella pubblica amministrazione risultano essere stati intorno al 7 per cento, negli ospedali, l'1 per cento, nelle aziende private cifre simili. Che tanti di quei due milioni abbiano fatto i furbetti del cartellino?

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