Politica

Presto per festeggiare

Da Santoro ha saputo parlare alla pancia del Paese però la sfida che conta sarà vincere di nuovo alle urne

Presto per festeggiare

L o riconosco. Se Berlusconi avesse scelto la linea che aveva perseguito per mesi e che a me, ostile all'inizio, era sembrata infine più che sensata, non avrebbe mai potuto dare battaglia da Santoro e vincere alla grande contro l'amena coppia degli inquisitori. Non avrebbe parlato in modo eloquente alla nostra pancia, alle nostre pulsioni, al nostro disgusto per le ipocrisie degli Arcinemici del Cav, e invece che il grande entertainer sarebbe arrivato in tv il grande impacciato.
La linea «tutti per l'Italia», così l'avevo battezzata come sanno i lettori del Giornale, voleva dire una cosa semplice e sensata ma priva dell'appeal televisivo e oratorio speciale che ha la «resurrezione» di Villa Gernetto, cioè il passaggio al grido «muoia Monti con tutti i filistei», avvenuto esattamente e pasqualmente tre giorni dopo la dichiarazione del 24 ottobre scorso.
Quel giorno Berlusconi disse, anche in una registrazione televisiva: mi ritiro dalla prima fila, si facciano le primarie del Pdl, si costruisca un centrodestra nuovo con Monti contro l'alleanza radicalizzata a sinistra di Bersani, e il sottotesto era chiaro. Berlusconi voleva dire: non abbiamo scherzato dal novembre del 2011, con Monti la mia scelta è stata quella della responsabilità nazionale, delle riforme di struttura, del popolarismo di impronta europea, e vado avanti, troveremo modo di differenziarci, di sollecitare anche un consenso degli arrabbiati, del popolo anti-fiscale, ma costruiamo un nuova coalizione, lasciamo la Lega al suo destino precario, e dopo aver governato da temperamentale e generoso caudillo democratico ora lascio da uomo di Stato e di politica per il futuro e per il Paese.
Tre giorni dopo, a Villa Gernetto, in attesa dell'inizio dei corsi dell'Università liberale, tutto fu letteralmente capovolto. Berlusconi «resuscitò», si smentì e disse: resto, non mi candido ma quasi quasi, e comunque c'è stato un golpe contro di me, l'Italia è stata quasi affondata dai tecnici, datemi il 51 per cento, e poi votate il Pd piuttosto che Monti, Casini e Fini sono orrendi (su questo magari è difficile non concordare appieno), viva l'economista keynesiano Paul Krugman, tutto il potere a Mario Draghi per battere moneta e sostenere gli Stati indebitati in euro, oppure fanculo l'euro o giù di lì.
Ecco, su questa linea si recuperano punti. Si va da Santoro e si fanno i fuochi artificiali. Su questa linea il Cav.
È se stesso, ridiventa per i suoi tifosi e per i suoi nemici un uomo formidabile, l'invincibile, il combattente con il poncho, il Garibaldi alla garibaldina che abbiamo conosciuto in tutta la sua ironia e sornioneria. Su questa linea diventa ininfluente la cattiva sorte del Pdl, che la presenza personale del Cav annulla e rilancia come spettro di una possibilità politica ed elettorale: c'è lui, chi se ne frega se non ci piace il partito.
Ma tutto questo lo sapevamo. Sapevamo che era una rinuncia dimettersi, varare l'operazione Monti con il consenso di una maggioranza Abc e sotto la spinta di Napolitano, era una rinuncia non chiedere come giusto di votare subito, sotto la neve. Sapevamo che un Berlusconi uomo di Stato responsabile, che lavora per il futuro, che fa compromessi, che cambia l'assetto politico non funzionante del bipolarismo impazzito, un Cav.
Così ha meno appeal, meno fascino, meno capacità mobilitante di un Berlusconi all'arrembaggio, con il ghigno del pirata e del latin lover. C'è un precedente, d'altra parte.
Quando fece saltare il tavolo della Bicamerale per le riforme, quando sbaragliò Massimo D'Alema e vinse le elezioni del 2001, Berlusconi mise la sua forma elettorale, il suo fascino tribunizio davanti alla politica: rinunciò a quello che ora predica necessario, una riforma delle istituzioni che metta in grado il premier di guidare il Paese con una maggioranza, e si avviò a vincere e a guidare il governo per una legislatura, ma senza troppo costrutto, se non ricordo male.
Insomma la mia domanda – che lascio volutamente senza risposta - è questa.
Anch'io ho goduto e molto per la smagliante performance del Sorriso Incarnato, ma ditemi voi se su quella strada si vince, si governa, si costruisce qualcosa di diverso dalla replica precaria di un'avventura?

di Giuliano Ferrara

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