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La procura alza bandiera bianca: nessun testimone corrotto dal Cav

Impossibile sostenere che i pagamenti alle ragazze siano stati fatti per condizionarne le deposizioni

Il procuratore Edmondo Bruti Liberati
Il procuratore Edmondo Bruti Liberati

Non c'è una prova che i quattrini versati nel corso di questi due anni da Silvio Berlusconi alle ragazze che frequentavano le serate di Arcore avessero come obiettivo convincerle a dichiarare il falso quando sono state interrogate dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta Ruby. È questa la conclusione cui i pubblici ministeri milanesi che indagano sul Cavaliere e che hanno chiesto la sua condanna a sei anni di carcere sono arrivati al termine del processo, e che hanno messo per iscritto nella memoria consegnata lunedì scorso al tribunale e alle difese. È un tema delicato, quello dei pagamenti effettuati da Berlusconi alle testimoni, e che il pm Antonio Sangermano ha preso di punta nella sua requisitoria, parlando della «colossale anomalia» costituita dai due o tremila euro che ogni mese Berlusconi, per sua stessa ammissione, versa alle ragazze. Ma la Procura ha ragionato a lungo sul trattamento da riservare a Berlusconi e alle testimoni. È chiaro che, se i pm si fossero convinti che i pagamenti avevano l'obiettivo di condizionare la testimonianza delle destinatarie, il codice non avrebbe lasciato loro altra scelta che incriminare sia il Cavaliere che le ragazze per corruzione in atti giudiziari. Invece non risulta che nessuna inchiesta del genere sia stata aperta. Anche perché in caso contrario Ruby, che di questa generosità interessata di Berlusconi sarebbe l'esempio più eclatante, domani in aula non potrebbe venire interrogata come semplice testimone ma come indagata: sarebbe esonerata dall'obbligo di prestare giuramento, avrebbe il diritto di farsi assistere da un difensore, di non rispondere alle domande e financo di mentire.

Invece nulla di tutto questo. Nonostante le parole assai pesanti che Ilda Boccassini ha rivolto loro nel corso della sua requisitoria, le fanciulle che allietavano le serate del premier e che sono sfilate in aula non sono indagate. Né lo è Berlusconi. La chiave sta tutta in un aggettivo non casuale che la Procura ha impiegato nella più corposa delle memorie depositate lunedì, le 709 pagine che analizzano minuziosamente i comportamenti di protagonisti e comprimari delle cene prima, durante e dopo l'esplosione dello scandalo. I pagamenti mensili effettuati da Berlusconi hanno avuto, secondo la procura, l'indubbio risultato di condizionare le ragazze quando sono state chiamate in aula. Ma la Procura parla di inquinamento «oggettivo» del quadro probatorio. Il significato è chiaro. È sicuro, per la Procura, che le ragazze hanno mentito quando hanno escluso un lato hard delle serate; è sicuro che in qualche modo le loro bugie siano frutto dei soldi che Berlusconi versa loro; ma non si può sostenere che i pagamenti fossero finalizzati a inquinare, che l'obiettivo di Berlusconi fosse fin dall'inizio quello di comprare in contanti il silenzio delle ragazze.

Anche i pagamenti alle ragazze, insomma, fanno parte secondo i pm del quadro complessivo di condizionamento delle indagini iniziato già nell'ottobre 2010, quando - prima ancora che il Rubygate esplodesse sui giornali - i legali di Berlusconi iniziarono una serie di indagini difensive, convocando e interrogando ad Arcore numerosi testimoni. Ma il tema più eclatante è indubbiamente quello degli aiuti economici alle ragazze. Berlusconi ha rivendicato in pubblico quegli aiuti, «sono ragazze che hanno avuto la vita rovinata sui giornali solo per avere accettato di venire a cena a casa mia»; la Boccassini ha replicato pesantemente in aula «ma quali danni, facevano solo le prostitute». Insomma, uno scenario complesso e inedito. Ma la Procura, con la scelta di definire «oggettivo» l'inquinamento, dice che non ci fu reato.

E difficilmente il tribunale potrà non tenerne conto.

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