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Il Prof ha deluso i suoi sponsor: i grandi capitali lo lasciano solo

Da Tronchetti Provera a Della Valle: sognavano liste vicine alla società civile, si sono ritrovati i soliti volti noti. E così invece di finanziare Monti sono fuggiti

Il Prof ha deluso i suoi sponsor: i grandi capitali lo lasciano solo

Roma - La definizione più efficace l'ha data qualche giorno fa Oscar Giannino. «Quella di Monti sembra un'operazione “Mastella al cubo”, tipica della vecchia politica», ha detto il leader di Fermare il Declino. Più o meno quello che pensano i grandi elettori del Professore, quegli imprenditori e manager che hanno accompagnato la «salita in campo» del Professore e che potrebbero anche aprire i capienti portafogli per pagare il soggetto politico firmato Monti (che vorrebbe diventare partito ma ha bisogno di soldi, tanti soldi), ma che ora sono basiti. Sognavano una lista agile e digitale espressione della società civile e in grado di accontentare le esigenze delle grandi imprese italiche, si ritrovano a sponsorizzare un ircocervo pieno di vecchie volpi della politica italiana, quella analogica: Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Rocco Buttiglione, Lorenzo Cesa e tanti altri scafati naviganti in cerca di una proroga al previsto sfratto dai palazzi del potere. Sognavano un vascello pirata in grado di vincere le elezioni e portare le proprie istanze nella stanza dei bottoni, si ritrovano a bordo di una barchetta senza rotta, con l'unica prospettiva di fare da scialuppa alla sinistra.

L'elenco dei potenziali sponsor del «vota Mario» lo ha pubblicato ieri il Corriere della Sera e può essere allargato a coloro che già sostenevano Italia Futura di Luca di Montezemolo, il portainnesti su cui è cresciuta la «Scelta Civica per Monti». Comprende Marco Tronchetti Provera, il presidente della Pirelli che solo due mesi fa si augurava una prosecuzione dell'esperienza di Monti a Palazzo Chigi in quanto «garanzia di credibilità di cui abbiamo un enorme bisogno a Bruxelles, Francoforte e sui mercati finanziari» per «tenere basso lo spread e pagare meno in denaro per fare investimenti». Include Diego Della Valle, patron della Tod's e di altre aziende del made in Italy, che più di una volta si è fatto scappare l'endorsement per Monti, arrivando a ipotizzare a Servizio Pubblico, lo scorso ottobre: «Vedrei un Monti che continua a fare il suo mestiere, e poi chi vince le elezioni fa il vicepresidente del consiglio. Mi sembra una combinazione perfetta». Alla faccia del dettato costituzionale. Spunta poi il nome di Claudio de Eccher, azionista di maggioranza dell'omonima azienda che lui stesso definisce una «boutique delle costruzioni», che a luglio del 2012 accompagnò Monti in un fruttuoso viaggio d'affari in Russia: tornò con in tasca il contratto da 474 milioni per la costruzione di un complesso immobiliare nell'area dello stadio della Dinamo di Mosca. Quanto a Carlo D'Asaro Biondo (presidente Europa Sud e Africa di Google) sposò da subito la causa di Monti: «Fa piacere vedere governanti che non si preoccupano del consenso ma fanno ciò che bisogna fare», si lasciò scappare in un'intervista. Benito Benedini, presidente della Federazione dei Cavalieri del Lavoro ed ex n°1 di Assolombarda, fu addirittura il primo a inchinarsi a Monti quando per questi si spalancarono le porte di Palazzo Chigi: «Sono convinto che scelta del professor Mario Monti sia quella giusta: lo conosco da diversi anni, farà molto bene», disse il 16 novembre. E poi ecco Gianni Punzo, l'inventore del Cis di Nola e socio di Luca di Montezemolo nell'avventura ferroviaria di Ntv, Anna Maria Artoni, già presidente di Assindustria Emilia-Romagna, Fabrizio Di Amato della Tecnimont, Lupo Rattazzi (Exor e ASSAereo), Alberto Galassi (Piaggio Aero), Flavio Repetto (Elah-Dufour), Sergio Dompè (Assobiotec) e tanti altri. Tutti con la borsa piena ma ben serrata.

Dice Elisabetta Tulliani, compagna di Gianfranco Fini, a proposito dei suoi legami con Mario Totaro: «Il solito giornaletto legato ad Arcore ha tirato fuori una cosa non vera, basandosi sul sentito dire. Totaro è iscritto ad Italia Futura ed era stato candidato con loro come lui stesso ha dichiarato. Non è il mio socio». La Tulliani dimentica però che il primo a dare la notizia è stato il Corriere del Mezzogiorno: anche questo è un «giornaletto legato ad Arcore»?

Il governo Monti ha di fatto affossato il settore automobilistico, ma questo non impedisce, a chi si ne occupa in un modo o nell'altro, di rincorrere un posto come parlamentare nel gruppo che fa capo al premier bocconiano. Tra questi ci sarebbe anche Giovanna Mazzocchi, editrice di Domus.

La voce circolava forte ieri, a Milano, durante l'annuale «QuattroruoteDay», evento che ha visto l'intervento anche dell'industriale Alberto Bombassei, patron di Brembo, pure candidato, nonché amicissimo di un altro montiano, il ferrarista Luca Cordero di Montezemolo.

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