Tutto previsto. Tutto ridicolo. Dopo 2.600 e passa udienze non sono ancora riusciti a condannare Silvio Berlusconi. Se lui non è un santo, e a questo punto neppure beato ( con le rotture che gli hanno inflitto), i magistrati non sono dei fenomeni, altrimenti almeno una condannina, magari fasulla, sarebbero stati capaci di ammollargliela. Zero. Nemmeno una contravvenzione nonostante 25 processi.
Il caso Mills più che un caso era un casino. Secondo l’accusa, il Cavaliere avrebbe pagato (corrotto) l’avvocato inglese affinché raccontasse balle. Peccato non esista lo straccetto di una prova. Se io do del denaro a te, qualche traccia di movimentazione su conti correnti dovrebbe rimanere, o no? Certo che dovrebbe rimanere, invece non è rimasta. E allora? Ciccia.
Questo, all’osso, sul piano giudiziario. Nonostante ciò, la giustizia ha fatto i salti mortali per dimostrare che l’ex premier è un fior di farabutto. Ma ha fallito. Sennonché le toghe (in buona fede? Forse sì, forse no, chi lo può dire?) hanno insistito, con tigna degna di miglior causa, per dimostrare di aver ragione. E sono andate avanti anni e anni, cavalcando ogni argomento, compresi i più stravaganti, al fine di giungere a un verdetto di colpevolezza dell’imputato (eccellente o eccedente?).
D’altronde un bocconcino come Berlusconi fa gola a chiunque, figuriamoci alla casta giudiziaria, non insensibile al bagliore dei riflettori. Ma c’è un ma. Sbattere in galera un povero cristo qualunque è facile: non dà molta soddisfazione, però si può fare agevolmente. Sbattere in galera un grande imprenditore, per di più presidente del Consiglio per lustri e lustri, non è, invece, un gioco da prendere sottogamba. Bisogna avere in mano qualcosa di solido, molto solido, non bastano le congetture. Per di più debolucce. Occorre prudenza.
Gli uomini e le donne dei tribunali non sono caporali, tengono alla carriera. Che fare per non rovinarla? Evitare azzardi. Se condanni il Cavaliere in primo grado e, in secondo o in terzo, poi te lo assolvono (o prosciolgono per prescrizione), non è bello. Non depone a tuo favore. Meglio procedere coi piedi di piombo. Attenzione. Se ieri il tribunale avesse detto: a casa per non aver commesso il fatto o roba simile, l’obiezione del pueblo sarebbe stata disarmante. Questa: scusate toghe, avete messo in piedi un cancan del genere per concludere che era tutta una barzelletta, siete matti? Quindi, è vera la storia dell’accanimento giudiziario? Date addosso a Silvio per sputtanarlo, squalificarlo politicamente e, alla fine, ammettete che si è trattato di un equivoco. Non regge.
La categoria dei giudici non poteva e non può esporsi a critiche tanto pesanti. Le conveniva trovare una strada diversa. Quale? La prescrizione. Che accontenta tutti e tutti (in apparenza) scontenta, perché si presta a qualsiasi interpretazione: non è una condanna né un’assoluzione.Non fa danni e consente varie letture. La giustizia salva la faccia e il Cavaliere salva ben altro, il Pdl resta compatto attorno al suo leader e continua, come convenuto, ad appoggiare il governo alle prese con riforme che richiedono tempo e coesione della maggioranza.
E il Quirinale? Supponiamo abbia tirato un sospiro di sollievo. Non era il momento di turbare il lavoro di Mario Monti,il quale-piaccia o no-è considerato indispensabile per tentare di porre l’Italia al riparo dal rischio di deragliare in senso greco.
Indubbiamente, questa vicenda è stata destabilizzante, ha complicato la gestione del Paese, ha gettato ombre sia su Berlusconi sia sull’operato della Procura di Milano. L’epilogo è una sorta di compromesso e sappiamo che, lungi dal troncare le polemiche, le alimenterà.
Gli antiberlusconiani seguiteranno a dire che il Cavaliere non è innocente e i berlusconiani seguiteranno a dire che non è colpevole.La guerra prosegue. Ma la voglia di combattere va scemando. La gente si è accorta che il prezzo delle ostilità è a proprio carico, e reclama la pace o, almeno, un armistizio. Sarebbe ora di darglielo.
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