La protesta fine a se stessa dei giovani senza identità

Ogni giorno una protesta, giovanile, non giovanile, talvolta anche senile, e di solito arriva il messaggio dell'atto della protesta, senza che si capisca bene perché si protesta, e neppure gli obiettivi

La protesta fine a se stessa dei giovani senza identità
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Ogni giorno una protesta, giovanile, non giovanile, talvolta anche senile, e di solito arriva il messaggio dell'atto della protesta, senza che si capisca bene perché si protesta, e neppure gli obiettivi. Tanta crisi di identità, certo, protestare fa sentire vivo, però se sbagli anche gli obiettivi è la protesta fine a se stessa, la protesta per la protesta, per sentire di protestare e essere qualcosa, senza focus. Tipo per la pace nel mondo, celentanesca.

Donne che a Milano lanciano uova su un manifesto di Armani per lo «Stop al genocidio, Palestina libera» ma anche su Zara e Starbucks (perché saranno simboli del capitalismo? Tra l'altro da parte di gruppi LGBTQ+ proprio Armani e Starbucks che sono gayfriendly, Armani pure personalmente gay). E poi le vernici sui quadri e sui monumenti che non si contano: nel mirino, solo nell'ultimo anno, Monet, Van Gogh (in nome dell'ambientalismo, boh), la Gioconda (l'hanno vista stampata sulle magliette), l'ultimo un ritratto del politico inglese Arthur Balfour, colpevole nel 1917 di auspicare una dimora ebraica in Palestina, quindi ma sì, facciamo a pezzi il dipinto.

Nella movida a Roma viene divelto e buttato nella spazzatura perfino un monumento a Anna Magnani (nella foto la nicchia dove era posto il busto), chissà cosa gli aveva fatto la Magnani, ma credo non conti, conta distruggere tutto ciò che è passato, anche perché le cose sono complesse, e le identità con uova e vernici sono fragili, e il passato non hanno voglia di studiarlo, e per migliorare il presente bisogna prima darsi da fare, leggere troppo nel paese europeo in cui si legge di meno.

Ma vuoi mettere protestare così quanto è più divertente? Tanto quelli che studiano se ne andranno all'estero, quelli che restano fanno casino, imbrattano tutto e al massimo sono come una grande chiesa jovanottesca, che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa.

Nella noia, tra un video complottista visto su Youtube, perché la verità «non ce la dicono» (la dicono solo a loro, e a Red Ronnie), e un politico che si associa il minimo che basta a seconda dell'ideologia che vede nel protestante, si protesta in genere contro l'Occidente, vale a dire contro gli Stati Uniti, i quali l'Occidente lo proteggono da regimi in cui vai a provare a protestare.

Lontani i tempi delle battaglie civili dei radicali,

per l'aborto e per il divorzio, e di quel che resta, come adesso il buon Marco Cappato per l'eutanasia, e perfino i tempi delle battaglie delle femministe storiche, che quelle di ora non sanno neppure cosa sono, tant'è che mentre le prime bruciavano i reggiseni queste vogliono castrarti se ti casca l'occhio su una scollatura.

C'è chi le proteste le cavalca e chi ne viene cavalcato, anche sui mass media, e mi viene in mente Alberto Arbasino, che nel suo capolavoro, Fratelli d'Italia (ultima edizione Adelphi), scrisse: «La penna sinistra usata per protestare con misura contro gli stessi padroni del vapore contro cui lavora la penna destra del

Corriere, sempre attentissimi a graduare politicità e apoliticità facendo gli spregiudicati per benpensanti, e quelli-nel-giusto per i conformi dell'anti-conforme di stagione però con tutte le disattenzioni convenienti».

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