Quando Passera ammise: Silvio? Sta facendo bene

I verbali dell'inchiesta su Moody's, l'agenzia che indebolì Berlusconi con rating negativi. Spianando la strada di Monti

Roma - Corrado Passera, Giulio Tremonti, Franco Frattini, Mario Draghi, Romano Prodi, Maurizio Sacconi. Uno dopo l'altro nel giro di pochi giorni sfilano ministri, ex premier e banchieri davanti al sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, che dopo le denunce di Adusbef e Federconsumatori indaga sull'agenzia di rating Moody's e gli effetti del giudizio negativo sull'Italia dato nel maggio 2010. Siamo a gennaio del 2011, mancano dieci mesi al cambio di governo, dovuto in gran parte al peggioramento dello spread. Passera non è ancora ministro, ma amministratore delegato di Intesa San Paolo. Il pm sente lui e un altro banchiere, Corrado Faissola, presidente del Consiglio di sorveglianza di Ubi Banca ed ex presidente di Abi, perché nei giorni successivi al report Moody's «c'è stato un andamento anomalo e rilevantissimo dei titoli bancari italiani», conferma al pm Faissola. Nel verbale anche Passera esprime i dubbi sull'attendibilità dei rating: «Quelle valutazioni avrebbero dovuto essere corredate da altre informazioni circa la maggiore robustezza del nostro sistema bancario» rispetto a quello di Spagna, Irlanda e Portogallo, messi da Moody's sullo stesso piano dell'Italia quanto al rischio «contagio greco». E lì Passera sembra promuovere la politica economica del governo in carica: «Il nostro Paese - dice il banchiere nel verbale del 24 gennaio 2011 - è riuscito a contenere il deficit pubblico, a differenza di altri Paesi dell'Eurozona».
Tremonti viene sentito dal pm Ruggiero due giorni dopo, al ministero dell'Economia. Pressato dalle domande del magistrato, precisa di non aver mai commentato quel report di Moody's ma di concordare con il commento di Bankitalia sulla solidità del sistema finanziario italiano e sulla reazione «del tutto ingiustificata» dei mercati al report Moody's: «La Banca d'Italia è l'autorità competente in materia di stabilità bancaria», risponde Tremonti al pm. Commenti diretti sulle agenzie di rating non ne fa «perché - spiega l'allora ministro dell'Economia - chi fa il ministro dell'Economia deve pesare le parole, sottrarsi al dibattito che spesso si sviluppa sulle agenzie... Io sono, se vuole, uno un po' all'antica e limitato». Tremonti però conferma che in Europa «c'è un grande dibattito sul ruolo delle agenzie di rating. Le dò un dato, nel dibattito su quando devono contribuire i Paesi al nuovo fondo europeo, il gruppo di paesi ha detto: “Contribuisco di meno perché sono tripla A”, quindi attribuendo alle agenzie di rating una credibilità significativa. È un dibattito in atto».
Quindi Tremonti risponde di non sapere se qualche operatore finanziario abbia tratto profitto dalle turbolenze dovute al giudizio di Moody's di quel maggio. Neppure Franco Frattini, allora ministro degli Esteri, ha notizie sui possibili speculatori, ma è molto più collaborativo di Tremonti. E il suo giudizio sulle società di rating molto più netto: «La comparazione impropria operata da Moody's del sistema bancario italiano ha determinato uno sconvolgimento in Borsa. Il confezionamento di quel rapporto, il modo in cui fu costruito e in cui furono operati gli accostamenti fecero pensare ancora una volta ad una manovra foriera di attacchi speculativi. In Consiglio dei ministri europei ho avvertito una diffusa sensazione di fastidio per i metodi adoperati da queste agenzie». Stesso «fastidio» che emerge dal verbale di Romano Prodi e Maurizio Sacconi, allora ministro del Lavoro.
Il governatore di Bankitalia Mario Draghi viene sentito invece il 24 gennaio, negli uffici di via Nazionale. Oltre a ribadire che l'Italia è «un Paese forte», Draghi critica pesantemente le agenzie di rating: «La loro reputazione è stata completamente screditata dal 2007-2008 in poi. La gente continua a usare questi rating perché non ha niente di meglio, purtroppo sono altamente carenti, quindi bisogna trovare un sistema per farne a meno». Su sollecitazione del pm, Draghi arriva a delineare un effettivo danno economico per l'Italia derivato da rating imprecisi e dall'incertezza prodotta specie su titoli di Stato: «Disorientano i mercati e aumentano la volatilità dei prezzi dei titoli. Questo di per sé è un danno, perché gli investitori a cui si chiede di comprare i titoli diventano più prudenti e meno pronti a sottoscrivere...

col processo di rifinanziamento dell'economia diventa più difficile». Anche per questi motivi tre parlamentari Pdl (Luigi d'Ambrosio Lettieri, Francesco Amoruso e Antonio Distaso) oggi saranno a Trani per costiuirsi parte civile contro Moody's e Standard&Poor's.

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