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Il Quirinale si sente assediato E Napolitano perde le staffe

Il Quirinale si sente assediato E Napolitano perde le staffe

N essun patto con il Cav. Nessuna grazia promessa in cambio del sostegno al governo. «Solo il Fatto Quotidiano può credere a una ridicola panzana come questa». In un comunicato di quattro righe è condensata tutta l'ira del Colle. Chi l'ha visto, descrive un Giorgio Napolitano infuriato. Già domenica aveva chiamato Schifani e Brunetta chiedendo di smentire le parole di Daniela Santanchè sull'accordo segreto con Berlusconi. Poi il giornale di Padellaro e Travaglio, quella ricostruzione, quel titolo «Silvio graziato a prescindere», lo hanno spinto a intervenire per aprire un ombrello su Palazzo Chigi: la legge di stabilità e i guai giudiziari del leader del centrodestra devono restare separati. Dunque, «panzane». Un solo messaggio, due destinatari: chi pensa che stia brigando per aiutare il Cavaliere e chi è sicuro che invece lo stia fregando. Ma la nota segnala anche una novità: per la prima volta King George forse è in difficoltà.
Lord Protettore, commissario straordinario, supplente maximo di una politica che ha abdicato, unico presidente ad essere rieletto, anzi plebiscitato. Dal dicembre 2010 c'è uno solo al comando. Da un mesetto quell'uomo è un po' più solo e un po' meno al comando della situazione, viste le traversie del governo Letta e delle larghe intese. Persino il costituzionalista Michele Ainis, in genere molto apprezzato lassù, sostiene che «attorno a Napolitano si sta scavando un vuoto».
Passi per Beppe Grillo, che di nuovo lo attacca dal suo blog: «È stato eletto per un compromesso sordido con Berlusconi, M5S poteva cambiare l'Italia e risparmiarci questa lenta agonia ma ci è stato impedito». E la nuova puntata dello scontro con la procura di Palermo, pure quella era stata messa in conto. Certo non può far piacere finire in una lista di testimoni accanto ai boss Brusca, Messina e Giuffrè, infatti il Quirinale aspetta le motivazioni per replicare a dovere a quella che, più di un'esigenza giudiziaria, sembra una provocazione o una ripicca. Ma a dare fastidio è stato il distacco con cui lo ha difeso il mondo politico.
Ed è proprio lì, tra i partiti, che aumentano i distinguo, le prese di distanze, le prime critiche. In primavera sono andati «con il cappello in mano» a implorarlo di restare. Adesso i malumori di moltiplicano. Berlusconi non si fida più di lui e in privato si lamenta. Renzi invece il suo strappo l'ha fatto in pubblico, rivendicando il diritto di essere, almeno qualche volta, in disaccordo con il Quirinale. «Diversamente napolitaniani» è una parola d'ordine che facendo presa nel Pd. I bersaniani lo incolpano di non averli portati a Palazzo Chigi, i dalemiani di non aver fatto vincere le elezioni e i renziani, vicini alle segreteria, pensano che il commissariamento prima o poi deve finire.
Crisi di crescita, sindromi edipiche che si sommano alle scosse telluriche in corso nel Pdl. Se le colombe accettano la tutela presidenziale, i falchi cominciano a smarcarsi. Prima Bondi, che ha confessato di avere «seri dubbi sul ruolo esercitato del capo dello Stato». Ora la Santanchè, che ha parlato di un «tradimento delle promesse di pacificazione». Insomma, il presidente è diventato attaccabile. In calo anche il gradimento popolare nei sondaggi.
King George risponde convocando Letta e blindando il governo. Le larghe intese non piaceranno ma sono obbligate per salavre il Paese.

Quanto alle voci di dimissioni, Napolitano ha già detto che resterà finché le forze lo sosterranno.

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